Religione

L'editoriale di "Luce e Vita": "C'è un tempo per rialzarsi"

E’ firmato da Daniele Rocchi l’editoriale di “Luce e Vita” di questa settimana.

“La Chiesa è antisismica perché la pietra d’angolo che tiene unite le sue pietre vive è Cristo”. Lo ha detto monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, durante la messa celebrata in cattedrale, nel giorno della Dedicazione, atto introduttivo dell’incontro pastorale che si è aperto nei giorni scorsi a Contigliano sul tema “Camminare, costruire e confessare”, primo grande evento diocesano dopo il sisma del 24 agosto. “Antisismica è la Chiesa quando è legata a Cristo – ha sottolineato il vescovo – quando è coesa tra i suoi membri e fondata sulla testimonianza”. Indicazioni utili per mons. Pompili soprattutto “in questo momento del post terremoto. Solo la fede – ha ribadito – può tenerci uniti e chiedere a Dio di accompagnarci in questi momenti di caos e di sbandamento. La connessione tra noi – ha affermato il presule – è un invito a raccoglierci ancora di più e vivere il senso di appartenenza a questa Chiesa come responsabilità che non ci isola ma ci mette a disposizione del bene di tutti”. Su tutto deve esserci “l’impegno a essere testimoni che non si limitano solo a guardare, a commentare o peggio a speculare sulla tragedia ma fanno quello che possono per alleviare il cumulo delle sofferenze”. Temi ripresi anche nei giorni successivi alla presenza di oltre 500 persone tra sacerdoti, religiosi, religiose e soprattutto laici. Ad aprire il convegno la lunga lista delle vittime del terremoto e il canto del Veni Creator. “Accompagnare, ricostruire e imparare a credere”. Queste le priorità tracciate da mons. Pompili, rileggendo il tema dell’incontro alla luce del sisma, non previsto certamente al momento dell’organizzazione dell’evento. “Il terremoto – ha detto il vescovo – non è passato ma è in mezzo a noi. E non mi riferisco allo sciame sismico ma a quello che sta accadendo”. “Generazioni spazzate via da 80 secondi, la vita cambiata in un attimo, polverizzati i legami familiari e amicali. Tutto è stato annullato. Nulla è più come prima” ha detto mons. Pompili. 
Qualcosa è cambiato anche nella Chiesa reatina, “per sempre”. “Accompagnare – ha spiegato il vescovo – significa stare accanto, muoversi al passo degli sfollati che pagano il prezzo più alto, condividere con loro il tratto di strada lungo verso la collocazione in moduli abitativi”. 
Poi la ricostruzione. Ad Amatrice, ha proseguito mons. Pompili, “è stato montato un ospedale da campo. Ed è quello che ci aspetta. Dovremo stare accanto a chi è stato colpito dopo che i riflettori si spegneranno. Ci vorrà una lunga fase di ascolto, condivisione e sostegno. Ci hanno chiesto una spalla per piangere e una mano da stringere” per combattere la solitudine. Serve anche “vigilare perché si tenga conto della necessità di dare spazi alla comunità”. 
Infine “imparare a credere anche quando tutto è privo di senso”. Questo, per il vescovo di Rieti, è il tempo per cercare “Dio ancora di più anche attraverso opere spirituali e materiali. Esercitiamo uno sguardo dolce nonostante l’odore della morte che non è svanito. Troviamo insieme la forza per evangelizzare che non è proselitismo ma dare gratis quello che Dio ha dato gratis a me”.

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