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MAX DI GIOIA: LA GENESI DELLA STATUA “Τάλως“

L’11 giugno 2022, in Piazza Menotti Garibaldi, alle ore 19:00, si terrà la conferenza di presentazione alla città dell’opera scultorea dell’artista ruvese Max Di Gioia.

Massimiliano Di Gioia, quarantacinquenne ruvese, è un imprenditore edile che ha respirato l’arte sin da bambino, da quando suo nonno, nelle sere piovose d’inverno, gli mostrava libri d’arte, costellati di sculture.

Ha consolidato questa sua passione visitando e toccando con mano dipinti, statue e sculture dei musei di tutto il mondo, acquisendo una biblioteca di oltre cinquecento volumi che trattano di architettura e frequentando un’accademia di design.

Lo scultore ruvese ha voluto far rivivere, con questo suo progetto, la grande pittura del cratere del Pittore di Talos, che oggi fa parte della Collezione Jatta. Il famoso vaso, orgoglio culturale per la nostra comunità, raffigura il gigante di bronzo, eroe di Creta, reso folle dalle arti magiche di Medea e ucciso da Peante che trafisse la vena del piede di Talos, unico punto vulnerabile, per aver tentato di impedire lo sbarco degli Argonauti sull’isola.

Il mito dipinto sul cratere eponimo è stato, però, interpretato dall’artista ruvese, fatto suo e restituito dando vita al gigante marmoreo Τάλως a colpi di scalpello, interamente a mano.

Di Gioia, infatti, ha rappresentato il gigante secondo il mito che lo vede colpito da una freccia. Lo ritrae nella espressione più vivida di gigante nato dalla mano di Efesto.

L’artista ruvese ha inciso in quest’opera, la cui storia ha dell’incredibile, il suo personalissimo stile, senza strizzare l’occhio a stili coevi o precedenti, elaborando il suo concetto intimo di arte, acquisito, con esperienza, nel tempo.

Io dipingo sin da bambino. Quando vent’anni fa ho tenuto una personale a Ruvo, a Palazzo Caputi, ho riscosso grande successo e non mi aspettavo di vendere tutti i dipinti in una sola serata.

Ho ontinuato a dipingere, nel tempo ho raccolto qualche commissione e ho proseguito la mia professione. Negli anni non ho mai abbandonato l’arte e ho esposto un po’ dappertutto le mie produzioni, ricevendo diversi riconoscimenti.

Sono sempre stato affascinato dalle biografie dei grandi del passato. Ho studiato le storie degli artisti di tutti i tempi, le loro vite. Palladio, conosciuto come architetto rinascimentale, era un apprendista muratore e scalpellista, il Brunelleschi era inizialmente un orologiaio, il Canova non sapeva né leggere né scrivere anche se con martello e scalpello faceva poesie.

Artisti dotati di un grandissimo ingegno e ai quali i potenti davano ascolto, come Giulio II, che voleva Michelangelo a tutti i costi alla sua corte.

Mi sono identificato in queste colonne portanti dell’arte e ho capito che il voler fare non può essere certificato da qualcun altro.”ha raccontato, in merito al suo approccio all’arte.

Il rapporto con il gigante, invece, nasce sin da bambino quando si nascondeva nel Museo durante i pomeriggi trascorsi a giocare con i suoi amici:

Mi arroccavo tra le colonne del Museo e mi trovavo spesso ad osservare attentamente questo enorme cratere. Con occhi di bambino, mi stupivo e restavo spesso fermo ad osservare attentamente questo gigante nudo raffigurato inerme tra le braccia dei Dioscuri.

La mia insegnante d’arte alle medie capì questa mia propensione per la materia e mi assegnò, durante il periodo di carnevale, la pitturazione di un carro che rappresentava un enorme vaso di Talos.

Crescendo, nei miei viaggi culturali sono sempre stato affascinato dalla figura del gigante e mi sono sempre chiesto se un giorno anche la nostra Ruvo avesse potuto ospitarne uno.
Quindi questo mio progetto balenava nella mia fantasia già da tempo.”

Il sogno, il folle progetto di un gigante che si ergeva marmoreo all’interno del nostro paese si faceva sempre più prepotente nei pensieri di Massimiliano:

“Un giorno decido di volere avere qualche informazione per l’acquisto del materiale marmoreo dal quale tirare fuori la scultura. Mi informo e capisco che avere un blocco marmoreo di ingenti dimensioni è complesso e costosissimo.

Mi reco a Carovigno perché vengo a conoscenza della presenza di una pietra molto facile da scolpire e con un costo sostenibile. Ma il blocco non mi piaceva, non era adatto al mio piano.

Grazie al maestro Filippo Dobrilla, scultore, fotografo e speleologo italiano, ottengo dei contatti di cavatori di marmo di Firenze e Massa Carrara.
Oggi, però, le alpi Apuane sono patrimonio dell’UNESCO e lo sfruttamento delle cave è limitato. A questo si somma il costo ingente di un blocco di grandi dimensioni che si aggira attorno ai 150000 euro. E lascio perdere.

Nel 2018 ricevo una commissione da Antonio Stasi, attuale presidente dell’associazione Talos: una scultura rappresentante Papa Francesco.
In quel periodo soggiorno per una settimana presso il maestro fiorentino Dobrilla e durante una passeggiata alle cave di Michelangelo, notiamo i pezzi che venivano scartati e lasciati lì, inutilizzati.

Raccolgo un blocco di 80 chili, lo porto a casa e scolpisco il volto del Papa, come richiesto dal mio amico Stasi

A recensire la mia opera è stato il critico Alberto D’Attanasio.
In quell’occasione conosco anche il figlio di Salvador Dalì e durante la premiazione della mia opera D’Attanasio mi fa i complimenti ma, espressogli il mio malumore relativo al mondo dell’arte e ai critici che presentano le opere solo sotto pingue pagamento dell’artista, mi invita a cena e poi mi recensisce l’opera.

È in quel momento che decido di intraprendere il progetto sulla scultura del Talos.  
Antonio Stasi mi suggerisce una persona che avrebbe potuto finanziarmi l’impresa: Nino Mazzone, imprenditore ruvese, accetta.

Tre anni fa riesco a trovare il contatto di un’azienda che in quel periodo stava sostituendo le guglie al duomo di Milano e che utilizzava un marmo molto duro.
Un giorno l’azienda mi chiama e mi dice che è stato tagliato un fuori misura di 3,3 metri di altezza e 1.3 di larghezza.
 Decido di andare a vederlo e ad accompagnarmi è proprio Antonio Stasi.

Ma giunto sul posto, assaggio il marmo con due colpi di scalpello e mi rendo conto di quanto fosse duro. Avrei desistito e avrei abbandonato l’impresa, per quello che avrebbe significato scolpire interamente a mano un marmo di quelle fattezze, se non fosse stato per le parole motivatrici e rincuoranti del titolare dell’impresa e del mio amico. Acquistiamo il blocco.

Non avevo fatto i conti con l’epopea che ne sarebbe succeduta per trasportare questo blocco di 13 tonnellate da Massa Carrara a Ruvo. Giunto nel parcheggio del centro commerciale di Andria, il blocco è stato spostato su un tir e accompagnato da una gru con la quale lo abbiamo issato verticalmente da me, in campagna, dopo dieci ore di tentativi.

Il blocco è rimasti lì, in piedi, per un anno. Ogni volta lo guardavo ma non avevo il coraggio di affrontarlo e iniziare a scolpirlo.

Un giorno Filippo Dobrilla mi manda un messaggio, mi dice che non stava bene. Muore dopo pochi mesi, nel luglio del 2019, e di lui mi restava questo messaggio in cui mi diceva:  “Dai, Max, tira fuori il gigante dal marmo!”.

Una settimana dopo la sua morte, inizio il mio progetto. Creo una gabbia di legno intorno al blocco per proteggermi dalle intemperie e dal sole e comincio a lavorare nei fine settimana, dall’alba al tramonto, per due anni. Poi è scoppiata la pandemia e mi sono dedicato completamente alla scultura.

Nel frattempo convoco l’architetta  Lidia Sivo e insieme mettiamo su un’idea di disegno tecnico di piedistallo.
Lidia e Antonio iniziano a proporre il progetto agli imprenditori ruvesi. Ruvo è stata un caso, una cittadina che durante un periodo storico come quello che abbiamo vissuto, legato alla pandemia da Covid-19, ha sostenuto un progetto artistico. I ruvesi mi hanno appoggiato, mi hanno dato fiducia e molti sono venuti a vedere il mio lavoro, proprio mentre scolpivo.

In seguito, abbiamo proposto il progetto all’amministrazione Chieco, prima delle ultime votazioni, la quale ha preso atto del mio lavoro.

Decido che la statua sarà donata al Comune di Ruvo di Puglia.

Nel frattempo, abbiamo raccolto i fondi per il piedistallo che sorreggerà la statua e  che verrà realizzato da un’azienda di Andria che ha acquistato dei grossi pantografi a controllo numerico per realizzare questi enormi blocchi che andranno a comporre il piedistallo e le panche che riprenderanno le anse del cratere.

Ora stiamo decidendo, insieme all’amministrazione, dove collocarla.”

Il lavoro dell’artista ruvese è stato ben accolto dal Consiglio Regionale della Puglia, dal Comune di Ruvo di Puglia, dall’Accademia di Belle Arti di Bari e ha suscitato l’interesse dell’Accademia di San Pietroburgo.

L’11 giugno sarà presentata alla comunità ruvese proprio questa storia. La proiezione di un film dichiarerà la genesi del progetto di Max Di Gioia e i diversi momenti di lavoro sulla scultura.
Il professore Alberto D’Attanasio sarà presente alla conferenza.

A completare questo lavoro, un libro che racchiuderà e menzionerà tutti coloro che hanno contribuito a questo progetto. Va a loro, infatti, il ringraziamento più grande di Max Di Gioia.

Articolo di Ruvesi.it

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