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MATTEO “IL POSTINO”, QUANDO IL PORTALETTERE ERA UNO DI FAMIGLIA

Grazie al prof. Rocco Di Rella per la concessione del materiale fotografico. Nella foto suo padre è ritratto con altri colleghi. Sarebbe bello che i parenti ci indichino chi sono gli altri componenti della foto per tracciare anche un loro ritratto!

Immaginate se Romano Prodi fosse vissuto decenni e decenni prima. Chissà forse non saremmo arrivati a pensare al ruolo del portalettere centrale nella vita degli italiani tanto da meritare il titolo del capolavoro di Massimo Troisi “il postino” che fu Premio Oscar. O forse Maria De Filippi avrebbe pensato a un altro titolo del suo programma storico. “C’è posta per te”, sì ma se ha la buca postale esterna! Se dovesse consegnare la posta a Ruvo, la cara De Filippi dovrebbe mandare in avan scoperta i suoi postini per capire se e dove i condomini hanno le buche postali. E’ follia pura, per carità, ma è l’incapacità di trovare una soluzione ricca di buon senso per il bene collettivo.

Che centra Romano Prodi? Fu il suo governo a votare il decreto di cui Poste Italiane ha imposto l’attuazione in queste ore.

Ma al di là della questione in sé per sé, queste giornate ci danno la possibilità di pensare a quelle figure che hanno scritto la storia ruvese.

Ognuno ha dei ricordi indelebili del postino che diventavano parti integranti delle famiglie. Non c’era la precarietà, non c’era il rodaggio su strada per poi passare in ufficio dietro la scrivania. E, se vogliamo, il Postino apparteneva a un’unica e sola società. Non c’erano gruppi privati, non esisteva il commercio on-line e ciò aiutava a costruire grandi rapporti con il postino. La corrispondenza o il pacco di turno il postino le sentiva proprie e faceva di tutto per agevolare il destinatario, quasi a tutelare ogni arrivo.

Matteo Di Rella era per tutti “Matteo il postino”. In pochi conoscevano il suo cognome, ma tutti sapevano quale fosse la sua missione. Oggi ha 95 anni e una borsa di cuoio piena di ricordi. Lasciò il suo lavoro all’età di 65 anni, quando gli offrirono un contratto in ufficio e lui lo rifiutò. La sua missione era la strada, era stare tra la gente. Matteo avrà percorso chilometri della sua Ruvo, in maniera professionale e instancabile. Custodiva i segreti, il rapporto tra la corrispondenza e il destinatario, diventava fatto di coscienza. Viveva per aiutare il prossimo e faceva il mestiere del postino con grande dignità e assoluto riserbo. Si focalizzò sul centro storico che era gremito di residenti. Li conosceva uno ad uno e non aveva bisogno di leggere l’indirizzo sulla corrispondenza, bastava un nome e un cognome.

Matteo indossava il berretto e una borsa di cuoio marrone che sembrava quasi infinita per quanta corrispondenza conteneva. Aveva i posti in cui poteva fidarsi e lasciava la borsa per qualche attimo, tempo di riposarsi e poter ricominciare il suo percorso. Col tempo ricevette la divisa invernale e quella estiva.

Nato nel 1930, ha cominciato a lavorare subito dopo il secondo conflitto mondiale. Era una Ruvo di Puglia da ricostruire dal punto di vista umano e non solo. C’erano strade del centro storico in cui tutti si viveva in maniera comunitaria e si  sapeva tutto di tutti. Si lavorava faticosamente mattina e pomeriggio. Si smistava in autonomia la posta nell’ufficio postale e poi si usciva per strada, anche due volte al giorno, mattina e pomeriggio.

Era il periodo dei telegrammi: in quelle brevi frasi dalle loro mani passavano tragedie o felicitazioni o semplici felicitazioni. Pensate a quante cartoline si consegnavano in questo periodo: “saluti da Creta”, “saluti da Genova”. La lira scandiva il costo dei francobolli, mentre il profumo della carta, il fascino di una grafia autentica aumentano la nostalgia, cementificavano i rapporti.

Che bellezza la grafia autentica o la cartolina inviata dalle ferie. Significa che pensavi realmente a me, che avevi una particolare attenzione su di me. Così condividere la grafia significava testimoniare la propria stanza, il come si era arrivati a quel momento lì. Profumava tutto di lealtà. Era cortesia, educazione, piacere. Era il periodo dei vaglia postali: i ruvesi emigrati facevano arrivare a Ruvo di Puglia il frutto del loro lavoro. Affidargli un vaglia postale era come metterlo in banca. Erano in sei a svolgere questo lavoro e il direttore era il dott. Ferlecchia.

Adesso la posta da consegnare è sempre meno, tutto sostituito da messaggi sulle app di messaggistica istantanea, le raccomandate dalle pec, i telegrammi da messaggi di testo. Inutile rincorrere i tempi che furono, ma è giusto ricordarsi di figure come Matteo Di Rella che hanno contribuito a essere una comunità migliore, a essere i ruvesi che siamo.

 

Un pensiero su “MATTEO “IL POSTINO”, QUANDO IL PORTALETTERE ERA UNO DI FAMIGLIA

  • Enzo De Leo

    Il terzo postino in alto partendo da sinistra con i baffi è Vincenzo De Leo, l’ultimo in piedi a destra è Nicola Cassano, quello seduto a sinistra Francesco Minafra e Matteo. Gli altri due non ricordo i nomi ma li conoscevo.

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