Attualità

Il grande rumore del silenzio

Tremenda tragedia che non si riesce a spiegare. Si rimane pietrificati dinanzi alle mura di una scuola, culla di generazioni di ruvese. Immersi in pensieri che non portano a nulla, se non a un pianto liberatorio e a un interrogativo che non trova risposte. Quel “perchè?” che ti bombarda le tempie, ti lascia attonito, la cui non risposta ti fa stare ancora peggio.

Bastava una luce a illuminare quell’attimo buio che lo ha fatto volare in un’altra dimensione. Non c’è stata la torcia della ragione a salvare una vita, a regalargli la possibilità di riscattarsi. Perchè?

Non si riesce neanche a immaginare il “Tedone” con occhi diversi da quello che realmente è. Poi, per carità, ognuno parla per le proprie esperienze. Ma al di dentro di quelle finestre e di quelle mura c’è sempre stata vita. Confronti generazionali, formazione umana, casa per tanti giovani, incubatrice di destini. Non si riesce a immaginare un luogo nel quale la disperazione abbia preso il sopravvento. Eppure è così. Un atto volontario sul quale si versano fiumi di lacrime, si cerca una ragione, ma forse sarebbe opportuno fare silenzio. Perchè intrufolarsi nella vita di una famiglia completamente distrutta non è affare collettivo. Quando si parla del papà, della mamma e del fratellino di Alessandro a noi deve interessare solo la quantità di affetto che dobbiamo fare loro arrivare. Nient’altro. Perchè quando chiuderanno la porta stasera, si ritroveranno soli a farneticare su quell’attimo che ha cambiato il destino del piccolo che adesso non c’è più. E’ lì che occorrerà essere grande comunità, nel fare arrivare loro un grande abbraccio.

Persino quando i docenti torneranno nelle aule a insegnare bisognerà stare accanto a chi sta dietro la cattedra e a chi starà dietro i banchi. Non sarà come passare la pezza bagnata su una lavagna imbrattata di scritte di gesto. Servirà tanta forza e tanto coraggio. Lo stesso che hanno mostrato tutti gli studenti che spontaneamente e silenziosamente hanno organizzato una veglia per ricordare Alessandro, per darsi forza. Dai ragazzi ancora una volta è arrivata la reazione che tutti aspettavano. Alcune risposte a interrogativi che i genitori gelidamente si sono posti.

Oggi non è più difficile di ieri fare il genitore. Non sarebbe giusto affermare il contrario: ogni epoca ha la sua difficoltà. Pensate ai genitori che erano a casa ad attendere notizie dal fronte dove c’era il proprio figlio a combattere? Era facile fare il genitore in quell’istante? Essere genitori non è mai semplice o più complesso di ieri. E’ un ruolo di grandissima responsabilità e che va contestualizzato in ogni epoca. Più il progresso va avanti e più la storia ci ha insegnato che ha acquisito sfaccettature differenti, ma rimane la complessità. Oggi il problema principale sta nell’ipercomunicazione dei nostri figli. Ovvero nella possibilità di avere tanti e molti più modi del passato per comunicare il proprio stato d’animo. Le loro amarezze scaricate in chissà quale canale social da interpretare o in quale canzone da decodificare. Di quelle che morbosamente passano nelle orecchie dei nostri figli ripetutamente.

Si passano ore a perdersi nel sorriso innocente di Alessandro, quasi travolgente.

E’ complesso anche fare il docente, dover trasformare il tutto in cifre, in numeri. Ma quello che resterà dell’esperienza scolastica in ciascuno delle componenti sarà  il sapere e gli insegnamenti di vita ricevuti. I numeri lasciano il tempo che trovano. Rappresentano uno stimolo o una presa d’atto. Non possono essere mai qualificanti per la vita di ciascuno.

Non ci si abitua mai a scrivere del dolore. Non c’è un libro o un dizionario dal quale attingere insegnamenti su come trattare della morte di qualcuno. Ho imparato, però, che ogni addio va colmato con i ricordi e con delle riflessioni profonde, altrimenti il “rumore” del volo di Ale passerà come qualcosa da accantonare.

Invece no, su quel volo tutti noi dobbiamo interrogarci e scongiurare altri addii. Quanto rumore fa il silenzio? Me lo sono chiesto quando sono arrivato al Liceo e vedevo gli occhi smarriti dei più piccolini. O ieri sera mentre mi sono soffermato dinanzi all’ingresso del Liceo. Quant’è grande il rumore del silenzio?

“Che fai rumore qui

E non lo so se mi fa bene
Se il tuo rumore mi conviene
Ma fai rumore, sì
Ché non lo posso sopportare
Questo silenzio innaturale
Tra me e te”

 

 

 

 

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