Cultura

Sara Rotondo, un’attrice ruvese ne “Il Capitano Maria”. Il suo mantra: «Yes I said yes I will yes»

Un ovale candido, due occhi immensi ed espressivi. E’ Sara Rotondo, attrice ruvese di ventidue anni, figurante speciale nella fiction “Il Capitano Maria”, in onda su Rai Uno il prossimo autunno, alcune scene della quale sono state girate nel centro storico di Ruvo di Puglia.

Chi, lunedì scorso, si accalcava vicino alle transenne per “rubare” scatti dal set di un matrimonio, con la speranza di intravedere Vanessa Incontrada, Carmine Buschini o Giorgio Pasotti, avrà notato, tra i bikers che irrompono sulla scena, una ragazza alta, con un hijab rosa carico che le copre i capelli. Quella ragazza è Sara Rotondo.

«Tutto mi aspettavo, tranne di ritrovarmi a girare per una fiction che andrà in onda su Rai Uno, nel paese dove tutto è cominciato. Lì, per quelle strade che mi hanno vista passare ad ogni età, con i miei sogni sempre in testa. E proprio lì, vedere uno di quei sogni prendere forma, prendere vita. Incredibile» ci racconta Sara.

«Vedere uno di quei sogni prendere forma, prendere vita». Quindi, tra i sogni di una bambina c’erano  la settima arte e il teatro?

«Sì. Sono “caduta in amore”, perché è proprio questo quello che è successo, sono inciampata, ritrovandomi tra le braccia del Teatro, ormai otto anni fa. In quel Liceo Scientifico “O.Tedone”, dove il preside Biagio Pellegrini aveva la missione di far conoscere il Teatro ai ragazzi, una forma di educazione tanto efficace e valida quanto le lezioni tra i banchi di scuola, o addirittura di più. Al “Tedone” dove, ai provini per entrare nel gruppo del Teatro, ho incontrato quella che per me era un mostro sacro, la professoressa Teresa Valente. Una donna che, con i miei occhi, ho visto dedicarsi totalmente a quello che per lei era più che un’arte, era vita. E per un’adolescente che vede la passione negli occhi e nelle mani di chi la veicola, non c’è scampo: la passione diventa parte integrante del suo essere, diventa un fuoco che si autoalimenta, energia perpetua. E ho cominciato a sognare. Ogni volta che salivo su quel palco scattava qualcosa in me che mi diceva: “Qui è dove dovresti essere, questo è il tuo elemento, qui è dove tu cominci ad essere te stessa”. E sono sicura che chiunque ci sia passato abbia percepito quel fuoco: alcuni scottati leggermente, altri ustionati a vita».

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Set de “Il Capitano Maria” a Ruvo di Puglia

Sente di essere parte integrante del palcoscenico. Dopo il liceo, asseconda il suo talento con un percorso di studi ad hoc?
«Finito il liceo, mi sono iscritta alla facoltà di Fisica a Bari, percorso arduo ma non privo di soddisfazioni. Amo quel che studio, mi appaga totalmente e laurearmi è un mio obiettivo. Ma per me, ustionata a vita, non è mai stata un’opzione imparare l’arte e metterla da parte ed ho intrapreso il laboratorio di teatro di “Fibre Parallele” a Bari, ancor prima di trovare casa. Per chi se lo stesse chiedendo, sì, si possono amare due cose contemporaneamente e sì, fare l’equilibrista sul filo che separa le due cose è complicato ma necessario per poter andare avanti. Divertente anche, se lo si riesce a far bene».

Sono d’accordo con lei che si possano amare due cose contemporaneamente e con la stessa intensità. Studi di fisica, teatro, una vita intensa, con tante opportunità da scoprire.
«Bari, realtà immensa per una ragazza di diciannove anni che si affaccia per la prima volta oltre Ruvo, è colma di possibilità nascoste dietro ogni angolo, infatti. Ho cominciato a presentarmi ad ogni casting che mi si presentava, a dire di sì ad ogni proposta artistica che passava nel raggio del mio campo visivo».

Finché…
«Finché, dopo tre anni, mi sono presentata all’ennesimo casting. Sempre tanta gente, troppa, per avere la speranza che scelgano proprio te. Imperterrita, mi ripeto che è questo che voglio fare e che qualcuno, prima o poi, lo vedrà con tanta chiarezza con quanta lo vedo io.
Dopo giorni di attesa, la chiamata. “Sei stata confermata come figurante speciale. Lunedì dovrai andare a Roma per la prova costume”. Mi è sembrato di aver sfondato un muro. Dopo anni di no, un sì. Per quanto piccolo, per quanto sfocato, in secondo piano, è pur sempre un sì. E il primo sì non si scorda mai.
Prova costume, sì. Primo giorno di set, sì. Guardo tutto con gli occhi di un bambino, voglio conoscere tutti, mi piace essere un osservatore silente e veder muoversi tutti gli ingranaggi che permettono di trasformare una giornata intera di riprese in cinque minuti effettivi di immagini sullo schermo. Sì. Mi piace essere nell’obiettivo, insieme a tutti gli altri e pretendere che sia vero quello che succede. Sì. Ultimo giorno di set, sì. Ruvo di Puglia, no. Non ci credo».

Le è sembrato di sfondare un muro. Cosa ha visto oltre quel muro?
«Aver sfondato quel muro mi ha aperto uno spiraglio di luce da dove poter guardare, e non più immaginare soltanto, quello che c’è dall’altro lato. Quel che ho avuto la possibilità di fare non è nulla in confronto a quel che c’è da fare. Ma è un inizio. “Perseveranza” è la parola d’ordine per andare avanti. Il mio mantra. “Yes I said yes I will yes”».

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