Cultura

RITROVATA LA TOMBA DI DOMENICO COTUGNO

E’ stato confermato ufficialmente il ritrovamento della tomba di Domenico Cotugno, medico e anatomista del ‘700, nato a Ruvo di Puglia il 29 gennaio 1736.

Nato da modesta famiglia, si applicò agli studi mostrando propensione per le scienze. Nel 1755, si trasferì a Napoli, si laureò in Chirurgia e iniziò a lavorare presso l’Ospedale degli Incurabili, dove nel 1761 fu nominato primario di chirurgia.

Alla sua intelligenza dobbiamo lo studio di malattie e di riflessi fisiologici. Inoltre è nota tra i medici una sua dissertazione sulle malattie dell’occhio per l’esame di ammissione per la docenza. È sua anche la scoperta della funzionalità dei liquidi che si trovano nella parte interna dell’orecchio, pubblicata nella sua opera “De aquaeductibus auris humanae internae anatomica dissertatio”, con precisi e magnifici disegni di Domenico Cirillo e dello stesso Cotugno, per cui oggi possiamo parlare di malattia di Meniére. Lo studio dei nervi palatini lo ha poi condotto ad analizzare il riflesso dello sternuto, fino ad allora sconosciuto. Ed è a Domenico Cotugno che dobbiamo una delle prime leggi di prevenzione delle malattie infettive e la disposizione di anatomia microscopica delle cellule infettate dal virus del vaiolo.

All’età di cinquantacinque anni sposò la Duchessa di Bagnara, Ippolita Ruffo.

Morì il 6 ottobre del 1822 e fu la moglie a desiderare per lui la solenne sepoltura nella zona ipogea di una della Chiesa all’epoca più nota tra i nobili napoletani, ovvero la Chiesa di San Vincenzo de’ Paoli al Borgo dei Vergini, ma di quella tumulazione si erano perse le tracce per secoli.

Ed è stata proprio la passione per la storia della medicina a spingere due medici napoletani, Arturo Armone Caruso, direttore sanitario AIAS di Afragola e citologo nasale, nonché ispiratore della ricerca, e Antonio del Prete, docente di oftalmologia presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”, alla  ricerca del luogo di sepoltura di Domenico Cotugno.

La riscoperta, senza dubbio, restituisce alla città di Napoli e alla nostra città i resti mortali di una delle menti più eccelse della medicina internazionale.

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