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MERCATONE UNO, LAVORATORI LICENZIATI VIA WHATSAPP

Serrande abbassate nei 55 punti vendita a marchio Mercatone Uno, nota catena della grande distribuzione di mobili, in tutta Italia. Tra esse anche le sedi Bari e Terlizzi. È l’amara sorpresa che si sono trovati davanti i circa 1.800 dipendenti (e i clienti, ancora numerosi) del gruppo, che senza alcun preavviso da parte della proprietà, si sono recati normalmente a lavoro, trovando però chiusi centri commerciali e magazzini, dal Piemonte alla Puglia.

La chiusura è l’effetto della sentenza con cui, nella giornata di venerdì, il tribunale fallimentare di Milano ha decretato il fallimento della Shernon Holding srl, che nell’agosto del 2018 aveva a sua volta rilevato i punti vendita dello storico marchio emiliano.

I centri commerciali e i negozi sono rimasti da Novara, in Piemonte, fino a Bari. La società Shernon Holdings aveva rilevato i punti vendita della storica catena per la grande distribuzione di mobili con la prospettiva di effettuare investimenti per diversi milioni di euro e, come ricorda Simone Turcotto di Filcams-Cgil di Savona, arrivare a «quintuplicare il fatturato entro il 2022». Avendo la Shernon Holding dichiarato fallimento, i sindacati hanno poca possibilità di manovra nella difficile operazione di salvaguardia dei diritti dei dipendenti: «Ora dobbiamo riuscire a recuperare il Tfr, la tredicesima e la quattordicesima, lo stipendio di maggio e degli ultimi dieci giorni di aprile, mese in cui era stato attivato il concordato preventivo e quindi debiti e crediti erano stati bloccati. Riteniamo – conclude Turcotto – che chi abbia avallato la vendita dei punti vendita alla Shernon Holding abbia compiuto una leggerezza e fatto una scelta tutt’altro che lungimirante. Dichiarando fallimento dopo soli sette mesi, l’azienda ha dimostrato di non avere le capacità né le possibilità per poter andare avanti su ‘gambe’ solide, che evidentemente non c’erano nemmeno al momento dell’acquisizione. Ciò è confermato anche dalla totale assenza di interventi di rilancio dei negozi o di campagne pubblicitarie. L’azienda ha rilevato i negozi ricorrendo ai debiti e poi non ha pagato quanto dovuti ai dipendenti: come al solito, a compensare le mancanze ci dovrà pensare lo stato, con il fondo di garanzia dell’Inps».

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