Attualità

La storia del soldato ruvese, Michele Mastrorilli, scampato per due volte alla morte

Storie incredibili di soldati ruvesi. Questa è la lettera di Michele Mastrorilli di Ruvo di Puglia scampato alla morte per ben due volte dai bombardamenti nemici. Ecco la sua testimonianza.
Sono nato il 27 gennaio 1916 (eh sì, sono centenario!). Il 16 marzo 1938, raggiunta l’età per il servizio militare, venni assegnato al dodicesimo reggimento cavalleggeri di Saluzzo. Terminata la ferma obbligatoria, non venni congedato e destinato al diciasettesimo gruppo appiedato, sempre a Saluzzo. Allo scoppio della guerra, il reparto fu destinato in Jugoslavia, a contrastare le milizie partigiane di Tito. Il nostro comando si stabilì a Spalato e al mio gruppo fu affidato il compito di pattugliare la ferrovia (…..).
La mattina del 9 settembre 1943, quando giunse un treno, da uno dei finestrini ci fu mostrato un giornale che annunciava l’armistizio. Di lì a poco si presentarono le milizie e il loro comandante ci ordinò di consegnare le armi. Disarmanti e senza comando, fummo sistemati sotto una tettoia dove su un’asta sventolava la bandiera italiana.
Lì il vitto era assicurato solo ai civili locali, che possedevano la tessera del razionamento, e noi ci dovevamo accontentare di un pò di frutta, pagandola con quei pochi soldi che avevamo. Un giorno, con un commilitone entrammo in un negozio e un signora, vedendoci molto provati, disse al negoziante di darci la sua parte di pane “tesserato”, chiamandoci “poveri figliuoli”.
La accomunammo a nostra madre, con le lacrime agli occhi, le facemmo capire il nostro grazie. Il giorno dopo era domenica e il sacerdote celebrò una messa all’aperto (….). Terminata la funzione, tornammo sotto la tettoia. In quel mentre decisi di recarmi al magazzino, per vedere di recuperare un paio di scarpe, visto che le mie erano ormai stracci di cuoio. Appena arrivato, giunsero aerei tedeschi che iniziarono a bombardare, colpendo la nostra postazione.
Iniziai a scappare e mi ritrovai in un ricovero di civili. Il bombardamento durò dieci minuti. Finito, uscì dal rifugio e quello che vidi è, ancora oggi, indescrivibile: un tappeto di cadaveri copriva i camminamenti.
Ero scampato alla morte per puro caso! Detti allora credito al destino, che era stato generoso nei miei riguardi…. Mi allontanai ed ecco un altro boato. Per la seconda volta e per puro caso, ero sfuggito alla morte! Perchè? Forse per poter raccontare, ancora oggi, alla mia veneranda età, gli orrori della guerra e soprattutto l’inutilità di risolvere i problemi degli uomini con le armi”.

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