Cultura

“La Fenice”: “Sedare le divisioni e raccogliere il Valore della Società è una nobile causa”

Il 3 Novembre 1991, l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, si recò alla foiba di Basovizza e in ginocchio chiese “Scusa!”.

Scusa” per tutto il tempo che le Istituzioni si sono dimenticate di onorare la memoria di civili connazionali e di tutte le vittime delle funeste gesta dell’esercito slavo.

A distanza di qualche anno fu anche un altro Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, a sentire il dovere di esprimere vicinanza, cordoglio.

Fu esattamente l’11 Febbraio 1993. Il pellegrinaggio presso la stessa foiba rappresentò il chiaro sentore di un Paese che sentiva il dovere di riesumare dall’oblio una storia fino ad allora oscura per cause di forza maggiore.

Solo dal 2005, con la tanto auspicata “Legge Menia”, approvata dal Parlamento nel 2004, gli italiani riconoscono il Giorno del Ricordo una delle tante stragi che deve farci riflettere.

A termine della Seconda Guerra mondiale, gli animi feroci dei nazionalismi esasperati spinti dagli appetibili fini economici non si placarono, tanto da segnare ulteriori quattro anni di stragi e di cospargimenti di sangue innocente di civili, estranei alle decisioni politiche.

Ad esserne coinvolte furono le città del confine nord-orientale del nostro Paese che subirono l’assalto dall’esercito di Tito con il solo fine di conquistare territori che fino ad allora erano province autonome o che facevano parte del territorio italiano.

I principali territori in questione furono l’Istria, la Dalmazia, Trieste, la Gorizia, Zara e le isole del Quarnaro che, alla fine della Prima Guerra mondiale furono assegnati all’Italia per mezzo di Wilson, allora Presidente degli Stati Uniti.

La ex Jugoslavia non ha mai gradito la scelta della massima assise americana. tanto da scaturire una vendetta feroce.

Dal 1943 al 1947, proprio dopo l’armistizio dell’ 8 Settembre 1943, gli italiani che vivevano nelle zone dell’est del Paese subirono una rivalsa senza scrupoli messa in atto dalle forze politiche di Josip Broz, nome di battaglia “Tito”, ammazzando e disonorando gran parte della popolazione locale di nazionalità italiana.

Fu una “battaglia”, se così potremmo definirla, a senso unico perchè il nostro Paese era alle prese con la transizione tra monarchia e repubblica e non aveva alcun modo di contrastare gli slavi.

Il mezzo di sterminio fu rappresentato dalle numerose foibe, ossia le fenditure carsiche che assorbono le acque in cui si gettavano senza pietà uomini, donne, bambini, anziani legati tra loro da fili di ferro ai polsi. Dopo averli disposti all’argine di esse, si apriva il fuoco mirando solo i primi tre-quattro anelli della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano tutti i poveri innocenti condannati ad una lenta e straziante agonia.

I civili italiani non riuscivano nemmeno più a scappare e, solo a distanza di quattro anni, la situazione del confine italo-jugoslavo passò sotto la lente degli Stati Uniti e degli altri Paesi europei.

A sedare il genocidio e la ferocia dell’esercito di Tito fu l’armata britannica che, a partire da Trieste, sostenne una vera e propria corsa contro il tempo.

Nel 1947, il dramma delle terre italiane dell’Est si concluse con il Trattato di Pace di Parigi attraverso il quale fu designato un confine equo che decretò per sempre la fine di uno degli atti più deplorevoli della storia più recente.

La Giornata del Ricordo delle vittime delle foibe e tutte le Memorie delle stragi di innocenti non possono essere censurate o semplicemente strumentalizzate da ribrezzevoli slogan di fazioni politiche di parte, utili solo a suscitare asperità e divisioni.

Adesso è fondamentale che la storia faccia la sua parte.

La cultura si trasformi in vera e unica maestra di vita futura insegnandoci a sovraordinare l’umanità, la fratellanza sociale a qualsiasi altro obiettivo.

L’auspicio più meritevole sarà contrastare per sempre, attraverso l’etica, la distruzione di vite umane per meri fini economici e di potere.

A Voi tutti, scomparsi per la sola causa di appartenenza alla Patria, noi rivolgiamo con Onore l’Eterno Riposo.

La Fenice

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