Attualità

La “difficile arte” di essere genitori in una società liquida secondo il professor Illiceto

Molto frequentato, ieri, anche il secondo appuntamento de “La bottega dei genitori”, il percorso di formazione organizzato dall’associazione “Granello di senape” col patrocinio della Città Metropolitana di Bari, del Comune di Ruvo di Puglia, del Movimento per la Vita, della Caritas Cittadina, del Crisi e della Cooperativa Rama.

Insegnanti, genitori, in coppia o singoli, terapeuti sono in attesa di lui, del professor Michele Illiceto, docente di filosofia all’Università Teologica Pugliese di Bari, che di lì a poco parlerà dell’ “Essere Genitori Oggi. Padri e Madri nella società liquida”, titolo del convegno e del suo libro, dedicata ai genitori del nuovo Millennio.

Sala Conferenze e saletta adiacente di Palazzo Caputi sono gremite, come se si sentisse l’esigenza di avere una guida nel compito, missione più difficili al mondo: essere genitori.

«Sono un’insegnante e ho invitato i genitori dei miei alunni a seguire questi convegni, in massima libertà. – mi racconta una gentile signora – Sono stati entusiasti del primo convegno e veramente interessati ad approfondire alcune tematiche».

«Ho figli adolescenti – mi confida un’altra – un periodo complesso e delicato e credo che partecipare a questi incontri possa contribuire a migliorare il mio rapporto con loro».

I bambini sono affidati alle cure delle educatrici della Cooperativa Rama: il piano inferiore diventa un piccolo ludo-laboratorio con “Bottegaland”.

Arriva il professor Illiceto. Introdotto da Ignazio Floriano, presidente dell’associazione “Granello di Senape”, inizia a parlare della famiglia.

Sorride, ha un tono colloquiale, non si pone come il relatore autorevole nei confronti della platea, ma si mette alla pari di essa, facendo riferimenti alla sua infanzia di bambino amato da genitori e dal vicinato – «come tutti noi, del resto, anni fa»  – e al suo essere “genitore”, con aneddoti che rispecchiano le realtà vissute da alcuni presenti, a giudicare dai sorrisi, dalle battute e dai cenni di assenso che vengono fatti.

Psicologia e richiami biblici, una stoccata alle famiglie omogenitoriali («i bambini devono avere come punto di riferimento un padre e una madre») e al «desiderio privato di avere un figlio che diventa un diritto. Non esiste il diritto ad avere un bambino», “diritto” il cui rispetto è, secondo Illiceto, preteso dalle donne che non esitano a rivolgersi alle banche del seme («Guardate Gianna Nannini che a quasi 60 anni ha avuto una bambina!»).

Illiceto parte dalla distinzione tra “famiglia etica”, quella antica, patriarcale, e “famiglia estetica”, quella dei sentimenti e delle emozioni.

Se nella famiglia etica dominano le regole e, psicologicamente, predomina un rapporto di forza dove genitori e figli sono avversari; nella famiglia estetica il rapporto genitoriale diventa “amicale”, i genitori, pur di non contrariare i figli,danno loro ragione anche quando hanno torto – la cronaca ci narra di casi di genitori che aggrediscono docenti rei di aver messo brutti voti ai figli. La famiglia del nuovo millennio è una famiglia fagocitata dai valori imposti da quattro o cinque poteri che dettano regole subliminali: la famiglia è solo un operatore economico per cui non è prevista la protezione dei rapporti autentici tra i membri.

Ed è per questo che i genitori devono dare senso e valore all’essere tali.

Non devono essere amici, così come fa vedere la Tv, ma devono essere autorevoli, devono dare come scrisse qualcuno “ai consigli dettati dalla ragione la veste di un’indulgente tenerezza”; non devono delegare loro l’assunzione di determinate decisioni, specie se piccoli; se diventano amici dei propri figli, diventano “insignificanti”. E, soprattutto, devono insegnare ai propri ragazzi il valore della sofferenza, perché il “dolore” fa parte della vita. Ma per soffrire e imparare a farlo, i ragazzi devono vivere, rispettando il proprio codice etico che comincia a formarsi, grazie all’educazione impartita sin da piccoli, già a tre-quattro anni. E devono vivere autonomamente, senza dipendere dalla propria madre che da “seno” diventa “segno”. La madre e il padre, figura quest’ultima fondamentale nell’educazione di un figlio visto che, psicologicamente, lo “separa dalla madre”, devono essere consapevoli di questa verità: il figlio non è di loro proprietà.

«Il rapporto con il figlio è ospitalità che non è proprietà. – ricorda Illiceto – Bisogna essere consapevoli che si sarà “dimenticati” dai propri figli perché essi andranno alla ricerca di una loro strada. Ma quando l’avranno trovata, ritorneranno da voi perché avranno in sé valori che voi avrete inculcato loro con un’educazione non autoritaria, non apprensiva e non tendente al perfezionismo».

Il pubblico sorride, qualcuno fa domande relative alla differenza tra punizione e correzione (la punizione è affermazione del proprio Io attraverso un atto con cui credo di educare, mentre la correzione implica la capacità di spiegare cosa c’è di sbagliato nell’azione del figlio), qualcun altro chiede come accorgersi se si sta sbagliando nell’educazione dei propri figli.

Il convegno si conclude con l’invito a partecipare ai laboratori di giovedì 23, sempre a Palazzo Caputi, dove «mediteremo – annuncia Floriano – sulle parole del professor Illiceto».

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