Cultura

IL DOTT. SILVANO OLMI RICOSTRUISCE LE VICENDE DEI TRE RUVESI VITTIME DELLE “FOIBE”

Riceviamo e pubblichiamo nota del Dott. Silvano Olmi, giornalista, ricercatore storico, scrittore. Presidente Nazionale del Comitato 10 Febbraio.

Spett.le Direttore di ruvesi.it,

garbatamente sollecitato da alcuni amici del Comitato 10 Febbraio di Ruvo di Puglia, ho effettuato alcune ricerche storiche su fonti aperte facilmente reperibili su internet. Questo per fare chiarezza anche su quanto scritto dal signor Vincenzo Colaprice e più in generale per ricostruire le tragiche vicende che riguardano i ruvesi vittime della criminale ideologia comunista jugoslava: Vincenzo Pellicani, Donato Minafra e Mauro Chiarulli.

In assenza di studi approfonditi sull’argomento, come si è giunti all’individuazione dei tre Ruvesi? Tutto ha inizio il 10 Febbraio 2014, con la pubblicazione di un articolo sulla testata giornalistica “La Gazzetta del Mezzogiorno”, scritto dal Vicepresidente del Consiglio regionale Pugliese, Nino Marmo, con l’elenco delle Vittime Pugliesi. Tra queste erano presenti anche i tre Ruvesi sopra citati. A seguito di quella pubblicazione, la comunità ruvese capitanata da Ferdinando Damiani e dallo scomparso Michele Pellicani, diede memoria e dignità a vittime mai prima di allora citate e non commemorate da alcuna amministrazione comunale. Perché occorre sottolineare che gli assassinati dai comunisti sono “morti scomodi” per una certa storiografia.

Tornando alla ricerca storica, preliminarmente, occorre ricordare che moltissimi cadaveri degli infoibati non sono stati ritrovati o non è stato possibile recuperarli, perché la quasi totalità delle foibe è rimasta in territorio assegnato dal Trattato di Pace alla Jugoslavia, ma questo credo sia a conoscenza di qualsiasi studioso. Inoltre, le salme dei fucilati o di chi è deceduto in prigionia sono state inumate in cimiteri di guerra dei quali oggi si è persa quasi ogni traccia o frettolosamente nascoste in sepolture improvvisate.

È bene ricordare che la Legge 92 del 2004 prevede che siano dati riconoscimenti, attestato e medaglia, ai parenti degli infoibati, ma anche ai discendenti di Italiani fucilati o morti in detenzione.

Infatti, all’articolo 3 comma 2, si legge “Agli infoibati sono assimilati, a tutti gli effetti, gli scomparsi e quanti, nello stesso periodo e nelle stesse zone, sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati. Il riconoscimento può essere concesso anche ai congiunti dei cittadini italiani che persero la vita dopo il 10 Febbraio 1947, ed entro l’anno 1950, qualora la morte sia sopravvenuta in conseguenza di torture, deportazione e prigionia, escludendo quelli che sono morti in combattimento”.

Attestato ciò, i tre ruvesi rientrano nelle suddette fattispecie di legge, anche perché le date dei decessi sono posteriori al termine del conflitto e quindi non possono essere caduti in azioni di combattimento.

Ma analizziamo i dati per ciascuno di loro.

Dal database on line del Ministero della Difesa- Onorcaduti, risulta che Mauro Chiarulli, nato a Ruvo di Puglia, l’8 novembre 1906, è deceduto il 6 agosto 1945 “nell’ospedale di Skofja Loka (Slovenia)”. La morte nell’ospedale in questione presuppone che il Chiarulli fosse prigioniero degli jugoslavi e il suo decesso per malattia, stenti, denutrizione o tortura, è avvenuto in questo cosiddetto “ospedale”. Basta leggere l’articolo di Fausto Biloslavo su “Il Giornale” del 9 febbraio 2022, per capire che non si trattava di un luogo dove i prigionieri italiani erano curati. Dopo aver subito inenarrabile sevizie nel campo di sterminio comunista di Borovnica, i prigionieri italiani erano trasferiti moribondi in questo improvvisato ospedale ricavato nel castello diroccato di Skofja Loka, tristemente soprannominato “il cimitero”. Ogni notte vi morivano decine di nostri connazionali, tra atroci sofferenze e, purtroppo, questa sembra essere stata la fine del povero Chiarulli.

Per quanto riguarda Donato Minafra, di Vincenzo, nato a Ruvo di Puglia, il 17 gennaio 1922, risulta deceduto il 31 maggio 1945, quindi a guerra finita.

L’Archivio on line dei Caduti della RSI lo registra come militare “fucilato o assassinato a Trieste il 31 maggio 1945”. Probabilmente anche lui era prigioniero degli slavi o è stato rastrellato e fucilato oppure infoibato.

Infine, Vincenzo Pellicani, nato a Ruvo di Puglia il 16 giugno 1903, non è censito dal Ministero della Difesa, certamente perché era un civile impiegato nell’industria bellica. Come scrive il nipote, Vincenzo era un operaio dei Cantieri Riuniti che venne prelevato dai comunisti e fatto sparire. L’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione (https://caduti.ifsml.it/ ) ne indica la morte il 21 maggio 1945 e nella motivazione completa il Pellicani risulta “prelevato a Monfalcone da ff.(ormazioni) partigiane slovene, deportato e disperso in Jugoslavia”.

Che fine ha fatto Vincenzo Pellicani: Fucilato dagli slavi? Morto di stenti nei campi di sterminio comunisti? Infoibato?

A chi scrive che non vi è alcuna certezza che i tre ruvesi siano stati infoibati, occorre far notare che non basta consultare i Ruoli Matricolari conservati all’archivio di stato provinciale, ma è necessario ampliare la ricerca ad altri documenti dell’epoca, ad esempio nell’archivio della Prefettura.

Per la documentazione di fonte jugoslava le ricerche sono oltremodo difficili, anche perché i partigiani comunisti slavi e i loro sodali comunisti italiani, non mandavano certo un telegramma alla famiglia dell’ucciso. I registri degli italiani sequestrati, se esistono, o sono stati distrutti dall’OZNA, la polizia segreta jugoslava, oppure sono ben chiusi in qualche archivio segreto.

Visto che siamo tutti nell’Unione Europea, agli amici degli amici Croati e Sloveni sarebbe il caso di chiedere un po’ di collaborazione.

Cordialmente.

 Dott. Silvano Olmi

Giornalista, ricercatore storico, scrittore

Presidente Nazionale del Comitato 10 Febbraio

2 pensieri riguardo “IL DOTT. SILVANO OLMI RICOSTRUISCE LE VICENDE DEI TRE RUVESI VITTIME DELLE “FOIBE”

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