Religione

STRAORDINARIA PARTECIPAZIONE NELLA CELEBRAZIONE DI APERTURA DELLA PORTA SANTA IN DIOCESI

Straordinaria partecipazione di popolo nella celebrazione di apertura della Porta Santa in Diocesi. Folla composta, in una serata di freddo tollerabile, stretta intorno all’Amministratore diocesano Mons. Ignazio de Gioia, al Clero diocesano, ai diaconi, ai religiosi, ai numerosi seminaristi del Regionale, guidati dal rettore don Giovanni Caliandro. Presenti i rappresentanti istituzionali delle quattro città e le autorità militari.
Qualche disagio in fase di ingresso in chiesa, ben gestito dai volontari, in una cattedrale gremita come non mai.
Segno di una sensibilità religiosa viva, alimentata dalla forza dirompente di Papa Francesco che ha chiamato tutti a porre al centro di questo anno il Volto Misericordioso del Padre. E l’afflusso di gente che ha varcato la Porta Santa è durato ben oltre la Messa.
Riproponiamo dal portale della diocesi l’omelia di Mons. Ignazio De Gioia.

«Cari fratelli e sorelle,
con grande gioia iniziamo oggi nella nostra Chiesa di Molfetta – Ruvo – Giovinazzo – Terlizzi  l’Anno  Santo  della  Misericordia.  Sono lieto di rivolgere il mio saluto a tutti voi, accorsi numerosi dalle varie comunità della Diocesi per vivere insieme questo alto e significativo momento di comunione ecclesiale. Rivolgo un particolare saluto ai Sindaci delle nostre città, alle Autorità Civili e Militari, ai cari confratelli sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai diaconi e alle Comunità del Seminario Regionale e del Seminario Vescovile.
Cuore del Giubileo è la Misericordia, tema particolarmente caro a Papa Francesco e presente nel suo magistero già dal primo Angelus domenicale, quando affermò che «la misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto».
Più che un argomento da discutere e da dibattere, la misericordia è un mistero in cui entrare. Nella Bibbia questo mistero si identifica con il mistero di Dio. È il roveto ardente al quale non ci si può avvicinare senza essersi tolti i sandali dai piedi, e cioè senza aver abbandonato la pretesa di avanzare da soli, con i propri ragionamenti e le proprie idee.
Così, prima di ogni nostra parola e di ogni nostro gesto di misericordia, è Dio che nella sua misericordia viene in pellegrinaggio ad ognuno di noi e bussa alla porta santa (cfr. Ap, 3,20) delle nostre esistenze, famiglie e comunità. «Solo chi è stato accarezzato dalla tenerezza della misericordia – sono le parole del Papa – conosce veramente il Signore» (Discorso al Movimento di Comunione e Liberazione, 7 marzo 2015).
Ringraziamo, allora, il Signore perché ci dona un Anno Santo da vivere in pienezza, entrando nel cuore del messaggio cristiano, nella riscoperta del perdono, del sacramento della riconciliazione e delle opere di misericordia corporali e spirituali. Un tempo per rievangelizzarci; un cammino reale e spirituale, da impegnare nella riflessione, nella preghiera e nella conversione.
Ogni anno, nella terza domenica d’Avvento, detta “Gaudete”, la Liturgia ritrova il coraggio di rivolgere l’invito alla gioia.
In un mondo come il nostro assillato da tanti problemi, travagliato dal dramma dell’odio e della violenza, esposto agli attentati terroristici e prostrato dalla paura, parlare di gioia più che di coraggio può sembrare una ingenuità o perfino una “fuga in avanti”. Ma non è così. Perché le sorgenti di questa gioia si situano così in alto che le miserie umane non arrivano ad inquinarla.
Si comprende perciò la fervida esortazione del profeta Sofonia: «Rallegrati…, grida di gioia…, esulta…»; nonché la raccomandazione dell’apostolo Paolo: «Siate sempre lieti».
Qual è il motivo di questa gioia? È la vicinanza del Signore: «Siate lieti. Il Signore è vicino». Ecco in che cosa consiste la vera gioia: è il sentire che la nostra esistenza personale e comunitaria viene visitata e riempita dall’amore di Dio. Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità: abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore e risponde alle nostre attese profonde; un Dio la cui presenza dà un senso nuovo alla vita stessa.
Questo Dio si è manifestato in Gesù. Egli non solo riflette la misericordia di Dio verso i peccatori, ma anche si impietosisce di tutte le sofferenze e i bisogni umani fino ad intervenire per dare da mangiare alle folle, guarire i malati, liberare gli oppressi. A tutti «ha raccontato l’amore di Dio con gesti e parole» (Johannes Weissen), sempre ha rivelato la gioia di Dio nel perdonare, mai ha smesso di offrire lo sguardo nuovo della misericordia. Se riusciremo a passare attraverso la porta della Misericordia, che è lo stesso Gesù, allora cambierà tutto nella nostra vita, nulla potrà rimanere come prima.
Se ci lasceremo raggiungere dalla sua misericordia, allora saremo pronti per un’altra storia.
Perciò, «abbandoniamo ogni forma di paura e di timore; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma» (Papa Francesco).
A 50 anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II il tema della misericordia resta centrale nella vita della Chiesa. L’11 ottobre 1962, in apertura del Concilio, San Giovanni XXIII scriveva: «Sempre la Chiesa si è opposta agli errori; spesso li ha anche condannati con la massima severità. Ora tuttavia, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che la severità». In un certo senso l’anno della misericordia celebra la fedeltà della Chiesa a quella promessa.
Ci sono momenti – dice il Papa – nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre» (MV 3).
La misericordia, infatti, è il sentimento che Dio nutre verso le creature, ma è anche il sentimento che le creature devono nutrire le une verso le altre. È dono che diventa impegno; è Grazia che si riverbera nella concretezza delle scelte della vita, fino a trasformarsi in uno stile quotidiano.
È il senso delle tre risposte del Battista – riportate nel Vangelo di Luca – a quanti erano andati ad interrogarlo nel deserto, come a voler lasciare intuire che la misericordia di Dio deve prendere forma dentro la normalità e la quotidianità della vita Egli propone non rivoluzioni di vita, ma una vita rivoluzionaria. Dunque, non esiste situazione nella quale non si possa ricevere misericordia e usare misericordia.
Carissimi, nonostante le fragilità che sperimentiamo, le delusioni che accumuliamo, la polvere che ci sentiamo addosso, la Sacra Scrittura ci assicura che «le misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la sua compassione; esse son rinnovate ogni mattina, grande è la sua fedeltà» (Lam 3,22).
Facendo mie le parole del Santo Padre auspico che «l’Anno Santo sia per tutti i credenti un vero momento di incontro con la misericordia di Dio; esperienza viva della vicinanza del Padre, quasi a voler toccare con mano la sua tenerezza, perché la fede di ogni credente si rinvigorisca e così la testimonianza diventi sempre più efficace».
Buon Anno Giubilare!

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