Attualità

TEORIA GENDER E SCUOLA. FONDATE LE PREOCCUPAZIONI DEI GENITORI?

“Genitori, leggete il POF prima di firmare qualsiasi documento scolastico”. Prendiamo spunto da una mail giunta in redazione da parte di un genitore che invita tutti a leggere il POF prima di firmare il Patto di Corresponsabilità, per affrontare un tema molto attuale.

Ancor prima che iniziasse, l’anno scolastico 2015/2016 si è distinto per le polemiche infuocate sul destino di molti docenti precari ma anche sulla supposta introduzione della «teoria gender» nei progetti educativi relativi alla sessualità.

L’allarme alla diffusione degli «studi di genere» è stato lanciato da Nicola Incampo, responsabile Irc del sito CulturaCattolica.it e docente di religione cattolica che invita i genitori a leggere attentamente i Piani di Offerta Formativa adottati dalle scuole prima di iscrivere i propri figli e a scartare tutti gli istituti che, dietro progetti educativi quali “Educazione all’affettività”, “Educazione sessuale”, “Omofobia”, “Superamento degli stereotipi” e “Relazioni tra generi”, occultano la «teoria del genere».

Coloro che paventano l’introduzione della «teoria gender» invocano l’art. 30 della Costituzione, relativo al dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare  i figli, per cui non si dovrebbe esitare a sostituirsi ai docenti quando gli insegnamenti vertano su argomenti che possano incidere negativamente sull’equilibrio psichico dello studente.

A sostegno della loro battaglia, inoltre, essi pongono anche la nota del 6/7/2015 del “Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione” la quale recita che «le famiglie hanno il diritto, ma anche il dovere di conoscere prima dell’iscrizione dei propri figli a scuola i contenuti del POF e, per la scuola secondaria, sottoscrivere formalmente  il Patto di Corresponsabilità educativa introdotto col DPR 235/97 per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie». Tra l’altro la nota ministeriale del 4/7/2008, a commento del Patto   recita  che è necessario «programmare e condividere con gli studenti, con le famiglie, con le altre componenti scolastiche e le istituzioni del territorio, il percorso educativo da seguire per la crescita umana e civile dei giovani».

In sintesi, il patto di corresponsabilità è un contratto tra gli attori scolastici che regola la convivenza nelle scuole e si potrebbe firmare con tranquillità se non ci dovesse essere un richiamo alla «teoria del genere». Mentre il documento più importante, sul quale bisogna porre la massima attenzione, è il piano di offerta formativa che fornisce gli indirizzi didattici curricolari ed extracurriculari delle scuole. Se ci dovessero essere riferimenti impliciti o espliciti alla teoria del genere, non devono essere firmati.

Ora la parola chiave sulla quale bisogna porre l’attenzione è la parola «condividere». Un programma si condivide se sono ascoltate tutte le parti in causa, se sono presi in considerazione i loro dubbi. E chi teme che i propri figli possano assimilare i contenuti della teoria gender lamenta proprio la mancanza di dialogo con le alte cariche scolastiche, preoccupate (giustamente anche) di reperire i fondi per poter svolgere e far svolgere degnamente il lavoro nella scuola.

Ma tutti questi timori sono fondati?

Parliamo innanzitutto e sinteticamente della «teoria del genere».

Secondo il Papa Emerito Benedetto XVI alla Curia Romana il 21 dicembre 2012, «Il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi…l’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma è lui stesso a crearsela..»

In realtà la «teoria del gender» parte dalla distinzione trasesso” e “genere”il primo si riferisce prevalentemente al proprio corredo genetico-biologico, mentre il secondo è connesso a un complesso di meccanismi strettamente correlati ai rapporti tra uomini e donne. Essa non intende affatto cancellare le naturali differenze tra uomini e donne ma studia come le differenze sessuali abbiano contribuito a creare categorie mentali e istituzionali che hanno giustificato distinzioni sociali ( e quindi anche discriminazioni) nel mondo tanto da farle passare come un fenomeno naturale.

Ma in realtà, leggendo attentamente la legge 107/2015, si nota come non ci sia alcun riferimento a questa teoria. Perché allora tutti questi timori?

La preoccupazione che nella riforma “Buona Scuola” (L. 107/2015) ci fossero norme che introducessero la «teoria gender» nelle scuole era nata alla vigilia dell’approvazione definitiva al Senato, tanto che  i senatori di Area popolare avevano chiesto chiarimenti sul comma 16 dell’articolo 1 (riscritto col maxiemendamento), che parla della promozione «nelle scuole di ogni ordine grado» dell’«educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni».

Il senatore Gaetano Quagliariello, portavoce dei senatori di AP, chiedeva un chiarimento sulla distinzione dei termini “sesso” e “genere” e voleva assicurarsi che qualsiasi attività di carattere extracurriculare non venisse introdotta se non con il consenso delle famiglie.

Il ministro  Giannini aveva chiarito ai senatori che non c’era alcun tentativo di introdurre la cosiddetta «teoria gender». Il comma 16 «introduce un principio sacrosanto che non ha nulla a che fare con la teoria gender. È un principio che esplicita dei criteri di sensibilizzazione all’educazione alla parità tra i sessi, quello femminile e quello maschile, perché la nostra società deve fare dei passi avanti su questo fronte, e per prevenire la violenza di genere e l’omofobia».

Puntualizzazione che è contenuta anche nella circolare che il ministro dell’Istruzione, tramite il MIUR, ha inviato ai dirigenti scolastici, ribadendo che “Buona Scuola” non introduce affatto i principi della «teoria del genere».

«Chi ha parlato e continua a parlare di teoria `gender´ in relazione al progetto educativo del governo di Renzi sulla scuola compie una truffa culturale. Ci tuteleremo con gli strumenti a nostra disposizione, anche per vie legali».

La questione sull’introduzione della «teoria del gender» nelle scuole ha infiammato anche i Ruvesi. Polemiche sui social network, lettere di preoccupazione inviate alla redazione…. C’è chi ha invitato a sottoscrivere la proposta di referendum abrogativo della Riforma “Buona Scuola” puntando l’indice sul famigerato comma 16 dell’art. 1 che recita «Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunita’ promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parita’ tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013.»

Ecco quanto recita tale comma. In sintesi, l’intento dei progetti formativi che le scuole intendono adottare è quello di educare i nostri figli alla sessualità, al superamento degli stereotipi culturali e sociali, al rispetto delle scelte di vita del prossimo.

L’obiettivo che si intende perseguire è quello di formare cittadini liberi e rispettosi del prossimo. Secondo quanto stabilisce anche il precetto cristiano.

Veronique Fracchiolla

Stagista c/o ruvesi.it  Double P Communication

Un pensiero su “TEORIA GENDER E SCUOLA. FONDATE LE PREOCCUPAZIONI DEI GENITORI?

  • Per conoscere da dove viene e come si sviluppa la teoria dei gender non basta farne un quadro politico meglio ancora farla entrare nei ranghi di partito. È un problema molto serio ed è già in atto oltre ad aver già mietuto vittime in Europa e anche in Italia ( vedasi i casi di Venezia e Piacenza ). È una problematica sociologia oltre che etica quindi a mio avviso le conclusioni tratte dall ‘autore dell’articolo sono affrettate e molto superficiali. Le associazioni lgbt vogliono proprio questo: che passi il tutto come il “solito estremismo dei bigotti cattolici”… io invito caldamente l’autore ad approfondire la questione oltre che a prendere coscienza che si sta minando la “sana crescita “dei bambini con tutto questo. Saluti

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