Sport

PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO A GIUSEPPE DI DOMENICO, CAMPIONE MONDIALE DI KARATE

Campione del Mondo 2002 a Madrid, nella specialità Kumitè Kg. 70; Campione d’Europa 2002 a Tallin, nella specialità Kumite Kg.70; 1° Classificato World Games 2005 a Diusburg e vincitore Golden League 2004-2006, 12 volte Campione d’Italia.

Stiamo parlando del ruvese Giuseppe Di Domenico, atleta del Gruppo Karate delle Fiamme Gialle al quale, il 20 settembre 2015 a Bisceglie, è stato consegnato il “Premio nazionale Lucrezia Borgia, la Duchessa di Bisceglie”, prestigioso riconoscimento  che  è conferito ogni anno a eminenti personalità della politica, della cultura, dell’associazionismo, dello sport, dell’economia, della giustizia, ecclesiastiche, delle Forze Armate e di Polizia, dello spettacolo, della scienza e del giornalismo.

Gli abbiamo posto alcune domande sul suo percorso e su questa nobile arte marziale.

Il kumitè è una fase dell’allenamento nel karate. E’ considerato un momento in cui gli avversari, combattendo, crescono reciprocamente. Lei conferma questo?

Lo confermo. Il Kumitè è una specialità del Karate agonistico che si divide in: Kata e Kumitè.

Il Kata, insieme di forme – come se fosse una sorta di balletto-  è composto da tecniche di karate che vanno a comporre un combattimento immaginario con diversi avversari, dove si evidenziano alte capacità coordinative, tempistica, potenza precisione e equilibrio. E’ una specialità molto complessa e difficile, ad altissimo livello tecnico.

Il Kumitè, combattimento tra due atleti,  ha regole che puntano alla spettacolarità, alla disciplina e all’auto controllo. E’ severamente vietato colpire l’avversario; ne deriverebbero delle penalità che, sommandosi, condurrebbero alla squalifica dell’atleta. Il combattimento ha la durata di 3 minuti effettivi,  allo scadere dei quali si assegna la vittoria all’atleta che ha ottenuto il maggior numero di punti, a meno che durante il combattimento si raggiunga lo scarto di 8 punti (8 a 0, 9 a 1, 10 a 2 ecc.). Dalle regole del kumitè, ovviamente, nasce un grande rispetto e sportività nei confronti dell’avversario e, come  sottolineato da lei, ci troviamo dinanzi ad una crescita reciproca, dal punto di vista morale ed educativo.

Ci sono diversi tipi di kumitè: ce ne può parlare?

Come le dicevo esiste un unico regolamento di kumitè e per combattimento intendiamo un solo modo di gareggiare. Le differenze nascono quando parliamo di un karate non agonistico, dove si portano avanti ancora teorie legate al karate tradizionale, che trova radici nella sua storia millenaria. Trattandosi di una disciplina molto ampia e antica, è difficile dare risposte categoriche.

Ci parli dei suoi maestri, mentori e compagni di questo nobile sport.

Nella mia carriera agonistica, ho avuto il piacere di essere seguito da tanti fortissimi maestri, partendo dal direttore tecnico delle Fiamme Gialle Claudio Culasso, l’allenatore delle Fiamme Gialle Marco Lanzilao e il direttore tecnico della Nazionale Italiana di Karate Pierluigi Aschieri, senza dimenticare i vari allenatori della Nazionale Italiana che negli anni hanno contribuito ai miei successi.

Ma il mio vero maestro, a cui devo tutto, è stato colui che mi ha introdotto in questo mondo.  Parlo di mio padre, il Maestro Francesco Di Domenico. Nulla sarebbe accaduto se non avesse avuto il  sogno di rendere suo  figlio un campione.

Chi sono i suoi eroi?

I miei veri Eroi? Sono coloro che, nel totale silenzio, fanno sacrifici dalle 5 del mattino fino a sera tardi, per 2 lire con cui far andare avanti famiglia e figli. A loro mai nessuno punterà i riflettori ma, pensando a loro ( e ne conosco diversi), trovo la spinta per dare sempre di più.

Cosa consiglia ai giovani che si accostano a questo sport?

Questo sport significa crescita, disciplina, educazione ed alta rendita in tutti i campi della vita. Il karate è una parentesi piccolissima della vita. Il karate crea uomini e fa sviluppare altissime capacità tecnico/motorie e psichiche. Inoltre, praticando questo sport, si impara ad avere una ferrea disciplina che contribuisce ad aumentare l’autostima. Una cosa da non sottovalutare è anche l’elevata capacità di difesa che si raggiunge, elemento da non sottovalutare nei tempi in cui viviamo. 

Il suo motto.

Il mio motto è «Il sacrificio paga». Lo dico sempre ai miei figli e ai miei ragazzi in palestra. Chi lavora, fa sacrifici e rinunce in un modo o nell’altro verrà ripagato, anche dal solo orgoglio personale, che sostiene ogni uomo e donna. Ciò scaturisce da un vissuto personale, da un’ infanzia  costellata da tante vittorie ma anche da un numero spaventoso di sacrifici e rinunce. E tutto questo mi ha forgiato caratterialmente.

Veronique Fracchiolla

Stagista c/o ruvesi.it – Double P Communication

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