Pale eoliche: Copagri e l’Avv. Tecla Sivo insieme a 400 cittadini per mantenere alta la guardia
In Puglia, tra gli uliveti secolari, tra vitigni di pregio e i campi di cereali che disegnano il paesaggio di Ruvo di Puglia, Terlizzi e Bitonto, sta crescendo una battaglia civile che unisce circa 400 cittadini, con la Copagri sezione di Molfetta sede di Terlizzi e altre associazioni del settore che hanno deciso di opporsi alla costruzione di un parco eolico da 17 aerogeneratori per una potenza complessiva di oltre 105 MW.
L’opposizione è stata formalizzata in un documento inviato al Ministero e agli enti competenti dall’avvocato Tecla Sivo, che ha deciso di scrivere e dare voce alla Comunità. La sua iniziativa non è un “no” cieco all’energia rinnovabile, ma la difesa del lavoro e di un territorio agricolo e paesaggistico che rappresenta non solo l’economia locale, ma anche la memoria e l’identità culturale della comunità.
Il valore sociale di questa azione è evidente: una comunità che partecipa alle decisioni, che rivendica il diritto a non subire trasformazioni radicali senza confronto e senza valutazione approfondite. Una comunità che non rifiuta la transizione ecologica, ma chiede che sia equa, pianificata e rispettosa. Per chiarire meglio le ragioni dell’opposizione, abbiamo rivolto tre domande all’avvocato Tecla Sivo.
Avvocato Sivo, perché i cittadini hanno deciso di opporsi al progetto eolico “Ruvo”?
«Il nostro territorio non è una zona marginale da sacrificare a logiche industriali: è una terra viva, a forte vocazione agricola, con produzioni di eccellenza riconosciute a livello internazionale, come l’olio extravergine DOP Terra di Bari – sottozona Castel del Monte – e i vini DOP Castel del Monte. Installare 17 torri eoliche significherebbe espropriare o trasformare superfici agricole produttive, privando gli agricoltori di reddito e mettendo a rischio l’immagine stessa dei prodotti biologici e di qualità che qui nascono.
La nostra non è una chiusura ideologica all’eolico, ma una difesa proporzionata di un bene primario: l’agricoltura, che è presidio economico, ambientale e culturale. Il sacrificio richiesto a questa comunità è eccessivo rispetto al beneficio dichiarato».
Poi aggiunge: «Ho scelto di fare da collettore delle istanze dei cittadini, perché ritengo che la difesa del territorio e dei diritti dei cittadini sia prima di tutto un dovere civico. È un gesto che sento profondamente mio, come avvocato e come cittadina di questa terra».
Quali sono, dal punto di vista legale e urbanistico, i principali elementi di contrasto con il progetto?
«Le aree individuate dal progetto ricadono, secondo il Piano Urbanistico Generale di Ruvo, in zone agricole di alto valore paesaggistico e archeologico, dove è vietata la realizzazione di insediamenti industriali non collegati all’attività agricola. L’impianto eolico è quindi incompatibile con la destinazione urbanistica vigente.
Inoltre, il progetto non ha adeguatamente considerato la presenza di vincoli archeologici e paesaggistici: parliamo di terreni vicini alla Chiesa storica Madonna delle Grazie e a poca distanza dalla Zona Speciale di Conservazione “Murgia Alta”, parte della rete Natura 2000. La normativa europea richiede studi di incidenza e valutazioni ambientali accurate, che qui risultano carenti.
Infine, manca l’analisi delle alternative. La legge e le direttive comunitarie prevedono di privilegiare aree industriali dismesse, cave o zone marginali. Qui, invece, si è scelto di incidere su un territorio agricolo produttivo e vivo».
Quali rischi sociali ed economici paventa per le comunità di Ruvo, Terlizzi e Bitonto?
«Il primo rischio è economico: gli espropri e la vicinanza delle pale ridurrebbero il valore dei terreni e colpirebbero aziende che hanno investito in produzioni biologiche, agroalimentari e turistiche. L’immagine di un paesaggio intatto è parte integrante del valore dei nostri prodotti: non possiamo vendere qualità e bellezza se attorno a noi si innalzano torri industriali.
Il secondo rischio è sociale. L’agricoltura è ciò che trattiene le persone nelle campagne, che genera lavoro e reddito, che trasmette tradizioni e identità. Indebolire questo tessuto significherebbe aprire la strada allo spopolamento e alla perdita di un patrimonio culturale immateriale fatto di fiere rurali, vendemmie, raccolte delle olive, muri a secco e ulivi secolari.
Non siamo contro la transizione energetica, ma chiediamo che avvenga con equilibrio e con il coinvolgimento delle comunità. È necessario pianificare insieme, non imporre dall’alto».
Il caso del parco eolico “Ruvo” va oltre la singola vicenda amministrativa: pone una questione di metodo e di visione. La sostenibilità non può ridursi a kilowatt prodotti, ma deve includere la tutela del lavoro agricolo, del paesaggio e della cultura locale.
Grazie a questa azione, insieme ad altre che sicuramente prenderanno piede, le comunità di Ruvo, Terlizzi e Bitonto hanno portato all’attenzione delle istituzioni una verità semplice: la transizione ecologica deve essere costruita insieme ai cittadini, non contro di loro. Solo così si potrà parlare davvero di futuro sostenibile.