Religione

Mons. Cornacchia ordina presbitero don Vincenzo Sparapano, giovane diacono di Ruvo di Puglia

Don Vincenzo Sparapano, giovane ruvese, sarà ordinato sacerdote da Mons. Domenico Cornacchia martedì 31 ottobre ore 19 nella Concattedrale di Ruvo di Puglia. Don Vincenzo celebrerà la sua prima Messa il giorno 1 Novembre 2017, solennità di Tutti i Santi, alle ore 11 presso la parrocchia del SS.mo Redentore (Ruvo) e alle 19.30 presso la parrocchia Cuore Immacolato di Maria (Molfetta).
A lui gli auguri di tutta la Comunità diocesana.

La scheda:
don Vincenzo Sparapano, 26 anni, proveniente dalla parrocchia SS. Redentore – Ruvo di Puglia
Ha studiato presso il Liceo delle Scienze sociali di Terlizzi, poi ha conseguito, nel 2015, il Baccellierato in S.Teologia nel Seminario Regionale di Molfetta, dove sta proseguendo gli studi per la Licenza in Antropologia.
Attualmente Vicerettore Seminario Vescovile e Collaboratore ala parrocchia Cuore Immacolato di Molfetta con servizio alla catechesi, animatore giovani di AC, ministranti. Ordinato Diacono il 24/09/2016 da Mons. Cornacchia e Presbitero il 31/10/2017.

L’intervista, a cura di Susanna M. de Candia

Come ti senti a pochi giorni dall’ordinazione?
Sento che sarà un servizio bello ma difficile. Bello perché sicuramente sarò amato dalla Chiesa, ho scelto di proseguire perché mi sono sentito amato e scelgo di amare la Chiesa. Mi aspetterà una vita bella, che prevederà uno sforzo non indifferente: siamo in un tempo in cui è una vera e propria impresa annunciare il vangelo nella nostra società e Chiesa. Mi aspetta un servizio non semplice, ci vorranno scelte audaci. Io intendo essere anche segno di contraddizione, come il Vangelo, anch’io mi aspetto di essere accettato o rifiutato. Sento che c’è una famiglia che mi aspetta (quella presbiterale), per cui ogni sacerdote sarà mio confratello e fratello.
C’è qualcuno che senti di voler ringraziare in particolare per questo tratto finale verso il traguardo più importante della tua vita?
Le persone che mi hanno accompagnato durante i 5 anni di Seminario maggiore: il rettore don Luigi Renna (attuale vescovo di Cerignola, ndr) e per un tratto don Gianni Caliandro e i compagni di corso con cui ho condiviso la formazione, perché hanno contribuito a farmi vivere un’esperienza di fraternità. Ciò mi ha permesso di avere una posizione in un gruppo e identificarmi per quello che sono, mi sono lasciato plasmare da quest’ambiente di fraternità.
Qual è il ricordo più bello che hai di questo cammino?
I momenti vissuti durante gli anni di corso. Avere dei fratelli vicino è stata una ricchezza: arrivare a fine giornata con persone accanto che ti possano ascoltare. È l’ascolto che ci fa crescere. Ecco perché è importante anche avere un padre spirituale (il Signore parla attraverso le persone). L’amato è ogni volto umano che incontri nella giornata, perché l’amore di un presbitero è nella Chiesa.
Quali sono state le difficoltà più significative che hai incontrato?
I momenti in cui le persone hanno contrastato il mio cammino a seguito delle mie scelte di coraggio.
Com’è nata la tua vocazione e a chi la comunicasti?
Mi sono sentito scelto per questo percorso di vita. Già da bambino i miei catechisti, vedendo in me una predisposizione, mi avevano fatto la proposta di seguire un cammino di discernimento. Grazie a loro poi ho deciso di rendere nota la scelta ai miei genitori e al parroco che, contenti, mi hanno sostenuto; così sono entrato in seminario, strada che non conoscevo fino in fondo, ma con un pizzico di coraggio ho proseguito.
Da tre anni sei educatore in Seminario minore. Cos’ha rappresentato per te questa esperienza?
Essere educatore mi permette di allenarmi ad essere un padre. I ragazzi hanno bisogno di ascolto, aiuto nello studio, ma anche di vedere nell’educatore un punto di riferimento e una meta. Vivere l’attenzione verso i più piccoli è un tempo opportuno per sperimentarmi e formarmi al valore della paternità e sto continuando a vivere la bellezza della fraternità nei vari istanti della giornata. Stare, essere presente in quasi ogni momento nella comunità mi fa capire che il sacerdozio non è un lavoro, ma un ministero che caratterizza tutta l’esistenza e tutta la giornata.
Quali sono le preoccupazioni più grandi della tua scelta vocazionale?
Che le persone che mi sono affidate possano perdersi e vivere non autenticamente, perché la responsabilità di un educatore e di un formatore è alta e la vita dei giovani dipende anche da chi ha un ruolo formativo. Non posso permettermi facilmente di sbagliare, ogni errore può avere conseguenze nella vita di questi giovani.
La seconda è poter perdere l’entusiasmo. È facile averlo all’inizio quando tutto è nuovo, sarà difficile nel bel mezzo del servizio. Non mi potrò mai perdonare quando questi due valori verranno meno.
E i tuoi auspici?
Mi auguro di continuare a vivere la vita fraterna con i confratelli. Sogno una famiglia presbiterale dove ognuno si interessa dell’altro, dia la giusta attenzione e ascolto, senza divisioni. Vorrei essere punto di riferimento delle persone e soprattutto dei giovani che vogliano una vita autentica.
Ci sono state figure di santità che ti hanno particolarmente segnato?
Don Pino Puglisi è una figura che mi ha accompagnato. Ho visto in lui un uomo con il coraggio di predicare un Vangelo difficile, in un mondo difficile, che spesso è stato rifiutato. L’uomo del coraggio, l’uomo del Cristo, l’uomo della Verità.
Poi don Tonino, per la testimonianza di fraternità, il suo essere fratello e padre. Anche lui ha fatto scelte coraggiose e controcorrente.
Infine, don Francesco Savino (attuale vescovo di Cassano all’Jonio, ndr) , perché ho fatto servizio pastorale per 3 anni presso la Basilica dei SS. Medici in Bitonto. Uomo dell’ascolto e padre. Ha avuto il coraggio di essere tra gli ultimi e a vantaggio degli ultimi. Fondare comunità caratterizzate dalla fraternità come l’Hospice per i malati terminali, la casa di accoglienza per ragazze-madre, una per malati di AIDS e una per senzatetto, indica che ha seminato il Vangelo in un terreno arido.
Come può un giovane oggi riconoscere la vocazione della propria vita?
Attraverso la lettura della propria esistenza, di ciò che si sperimenta nel quotidiano. Un valore che può condurre un giovane verso la propria vocazione è la logica dell’amore. Ogni vocazione è una scelta d’amore. Un interrogativo che i giovani possono porsi è: dove si sentono amati? Dove si sentono autenticamente a loro agio? Dove possono esprimersi? Decisive sono le persone che ti stanno a fianco, a cui puoi affidare la tua vita. Si comprende la vocazione con il tempo, grazie all’amore e alle persone.

@Luce e Vita

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