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Mathilde Delvigne, una camminatrice belga lungo la via Francigena. «Sud meraviglioso, ma è necessario aumentare la segnaletica»

Capelli cortissimi, un sorriso franco e aperto, disinvolta e sicura di sé. Ecco Mathilde Delvigne, una camminatrice belga di 25 anni, laureata in scienze politiche con specializzazione in giornalismo, partita dall’Ospedale dei Pellegrini di Roma, il 30 giugno, con lo scopo di raggiungere, Santa Maria di Leuca, percorrendo la Via Francigena del Sud. A piedi.

Mathilde è stata ospite, per una sola notte, dell’Istituto Salesiano “Maria Ausiliatrice” di Ruvo di Puglia. Il suggerimento le è stato dato dall’Ufficio IAT di Ruvo di Puglia. Quando le faccio notare che lo IAT si trova sull’antichissima via Traiana, sulla quale si è innestata la via Francigena, lei sorride. Segno del destino.

«Ruvo di Puglia non era tra le mie tappe di sosta, ma devo dire che sono molto contenta. Le suore salesiane sono state molto entusiaste e gentili, mi hanno fatto sentire a casa e hanno mostrato molto interesse per il mio “cammino”. Di solito, quando sono accolta in altri istituti religiosi, c’è un’eccessiva riservatezza» racconta Mathilde.

Mathilde è innamorata dell’Italia, della sua cultura, della sua arte, della sua gente, aperta, calorosa. Sembra un cliché, ma come tutti i luoghi comuni, è vero. «Quando vengono a sapere che sono una camminatrice lungo la via Francigena, mi regalano frutta, cibo. Mi danno anche ospitalità nelle proprie case. E’ tutto così bello».

Mathilde è al suo terzo cammino in Italia.

«Ho fatto tre cammini in Italia: il quarto lo farò in primavera, in Sicilia, da Palermo ad Agrigento, per vedere altri colori. Sono innamorata dell’Italia. Per un anno, ho studiato a Bologna, grazie all’Erasmus. Voglio perfezionare il mio italiano e poi desidero sfidare me stessa, fare i conti con le mie paure e ansie. Inoltre, la mia decisione di intraprendere questi cammini è dovuta all’esperienza nelle Filippine. Ho visto la povertà e ho pensato che fosse necessario recuperare una dimensione più umana. Tutto questo avviene staccandosi, per un po’ di tempo dal mondo, e i cammini, i pellegrinaggi sono uno dei validi mezzi per svolgere un viaggio interiore. Quando “cammino”, non so cosa accade nel mondo. Mi concentro solo su quello che avviene intorno a me».

Le faccio notare che è strano questo per un giornalista…

«E’ vero – sorride – ma ogni tanto fa bene. Lo consiglio a tutti».

Chiunque, quindi, può essere camminatore?

«Certo, ma consiglio di iniziare percorrendo la via Francigena del Nord. Io ho iniziato così. Nel 2015, ho deciso di “camminare” nel tratto che parte da San Miniato, in Toscana, per giungere a Roma. Un’esperienza meravigliosa. Strutture ricettive semplici e comode, segnaletica ben in evidenza, borghi silenziosi e ricchi di storia. Un anno fa, ho percorso la via Francescana, in Umbria, da La Verna a Roma. Un viaggio spirituale in una terra piccola e fiera».

Perché iniziare dal Nord?

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«Perché, come ho detto prima, ci sono molte differenze tra i cammini del Nord e del Sud. Nel Sud si percepisce che tutto è ancoraagli inizi. Manca una segnaletica adeguata e questo è un peccato perché, essendo costretti a consultare di continuo le tracce GPS – indispensabili, tuttavia – non si gode appieno della bellezza del paesaggio circostante, dei suoi colori. E’ vero che ci si riappropria del gusto dell’avventura, della capacità di sapersela cavare anche se mancano risorse e mezzi, ma credo che sia indispensabile implementarla. Nel Nord, c’è una maggiore organizzazione: oltre alla presenza di segnali, vi sono numerose strutture ricettive ad hoc».

Di cosa ha bisogno un camminatore?
«Un camminatore deve disporre di abiti confortevoli, di scarpe comode e non appena comprate, – per evitare la formazione di vesciche – di borracce dell’acqua, di smartphone per tracce GPS, sacco a pelo e materassino, guida aggiornata. La mia, a dire il vero, è un po’ datata, risale al 2011 e molte strutture in essa indicate non esistono più. Ma un camminatore e un pellegrino hanno bisogno, in fondo, di un riparo sicuro per la notte, anche spartano. Io, una volta, ho dormito nell’atrio di un Municipio».

Un aneddoto particolare?
«Sì. Quando ho raggiunto un borgo del Lazio, il sindaco mi ha accolto con calore e ha voluto ripercorrere con me il tratto francigeno dell’area di pertinenza per valutare lo stato della segnaletica. Credo che ci si sta rendendo conto dell’importanza di questo fenomeno e della necessità di venire incontro alle esigenze dei pellegrini e camminatori. Una cosa divertente è che tutte le mamme italiane mi chiedono: “Ma non hai paura di percorrere i sentieri da sola?”. Io rispondo di no. E’ vero, bisogna essere cauti, ma è importante che si raggiunga un ricovero sicuro per la notte».

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Di solito, a che ora parte?
«Parto intorno alle 5.00 del mattino. Uno degli spettacoli più belli, che non voglio perdere, è l’alba. Ma lo faccio anche per evitare di camminare nelle ore più calde».

La prossima tappa?
«Bitonto. Poi raggiungerò Bari e percorrerò il sentiero sulla costa, così come indicato nella guida».

Mathilde, poi, invitata da suor Imma e suor Liberata, racconta la propria esperienza ai ragazzini dell’Oratorio estivo. Chissà, forse tra di loro ci saranno futuri camminatori e pellegrini dal momento sono affascinati dalla sua narrazione.

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