L’EDITORIALE DI “LUCE E VITA”: “ANCHE INTRAMOENIA, MA AL CENTRO DELLA PERSONA”
E’ firmato da Luigi Sparapano, l’editoriale del settimanale diocesano “Luce e Vita”.
Antonio è affetto da una patologia, non grave, ma da tenere sotto controllo. Dopo oltre un anno dall’ultima visita decide di consultare nuovamente il medico specialista che lo ha tenuto in cura, così telefona al CUP della sua ASL che però lo rimanda al CUP dell’ASL dove lavora il suo medico. Al numero verde l’operatrice risponde che per quel medico non ci sono disponibilità, non c’è possibilità di prenotare perché sulla piattaforma non compaiono giorni disponibili e consiglia ad Antonio di tentare di rintracciare il medico e chiedergli personalmente quali possibilità ci sono di farsi visitare.
Rintracciato nel poliambulatorio dove lavora, il medico risponde dal telefono dell’ufficio confermando che al momento non ha possibilità di prenotazione e che, quando riaprirà la sua agenda, forse in novembre, sarà per prenotare nei primi mesi del 2018, date che certamente si esauriranno subito e quindi, bisognerà arrivare ad anno 2018 inoltrato. A meno che non ci si affidi ad un farmacista disponibile o al numero verde per vedere se, in seguito a possibili disdette di altri pazienti, si possano liberare posti in un tempo ravvicinato. Va dato atto al medico che la sua professionalità è rinomata al punto di avere così tante richieste.
Antonio manifesta la sua delusione e incertezza al telefono, tanto che il professionista propone eventualmente una visita intramoenia. Il sito del Ministero della Salute chiarisce che «La libera professione intramuraria chiamata anche “intramoenia” si riferisce alle prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale, i quali utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’ospedale stesso a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa. Il medico è tenuto al rilascio di regolare fattura e la spesa, come tutte le spese sanitarie, è detraibile dalle imposte. Le prestazioni sono generalmente le medesime che il medico deve erogare, sulla base del suo contratto di lavoro con il Servizio Sanitario Nazionale, attraverso la normale operatività come medico ospedaliero. Le prestazioni erogate in regime di intramoenia garantiscono al cittadino la possibilità di scegliere il medico a cui rivolgersi per una prestazione».
A questo punto Antonio chiede quando si potrebbe fare la visita e il medico risponde che non c’è da aspettare un granché, anche subito; segue la domanda d’obbligo del paziente che, monoreddito con famigliari a carico, non può permettersi spese eccessive: qual è l’onorario? La cifra comunicata dal medico corrisponde ad oltre il doppio di quello che sarebbe stata la spesa con servizio pubblico. Giustamente perché c’è un contributo alla ASL che ospita. Poi però lo specialista, pagato dallo Stato e quindi dalle tasse dei cittadini, parlando dal telefono del suo pubblico ufficio, ha pure l’ardire di proporre la solita solfa, cioè che se non c’è bisogno di fattura ci si può mettere d’accordo. Forse non sarà il suo caso, ma sia lui che Antonio, e forse tutti noi, sappiamo di come ci si possa ritrovare a sottoporsi a visita specialistica intramoenia, non oltre, ma in pieno orario di servizio pubblico, pagando fior di denaro e senza fattura. Colpa di Antonio e tanti altri che non denunciano e magari accettano il compromesso? Colpa di un sistema che protegge queste magagne? Colpa di quel verme che si chiama avidità e che divora la coscienza, anche se si è ottimi specialisti? Chissà. Certo, i medici non fanno tutti così, ci sono professionisti onesti.
Antonio ringrazia e saluta il suo medico di (s)fiducia, ma non vuole saperne di sottostare al sistema. Per ora spera nella disdetta di altri pazienti, sempre più convinto che ci vuole fortuna anche ad ammalarsi: “chi può”, può mettersi di curarsi, e chi no, tira avanti. Finché va bene.
A quando una sanità che metta al centro solo la persona del paziente?