Religione

L'EDITORIALE DI "LUCE E VITA": "IL LAVORO, LIBERTA' E DIGNITA' DELL'UOMO IN TEMPO DI CRISI"

Riceviamo e pubblichiamo l’editoriale di questa domenica di “Luce e Vita”, firmato da Onofrio Losito. 
Nonostante un’apparente percezione di ripresa economica del paese, il dato prevalente è che il lavoro in Italia manca, come viene ribadito nell’incipit del messaggio della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace per la Giornata del 1° maggio 2016: “Il lavoro: libertà e dignità dell’uomo in tempo di crisi economica e sociale”. è necessario un cambiamento di mentalità, prosegue l’incipit del messaggio, che interpella la responsabilità degli imprenditori ma anche le responsabilità dei lavoratori. “Il lavoro, che ci sia o meno, tracima e invade le vite delle persone, appiattisce il senso dell’esistenza, così che chi non aderisce a questa logica viene scartato, rifiutato, espulso”.
L’incapacità di fermarci e tendere la mano a chi è rimasto indietro, perché intimoriti e atterriti da un mondo che non offre certezze, ci induce al “disinteresse per il destino dei nostri fratelli” perdendo la nostra umanità e “divenendo individui che esistono senza trascendenza e senza legami sociali”. L’assenza o scarsità di lavoro porta sempre più persone, impaurite dalla prospettiva di perderlo o di non trovarlo, a condividere l’idea che nulla sia più come è stato finora e quindi dignità, diritti, salute finiscono in secondo piano. è necessario ricercare la “giusta misura” come affermato dal Papa nel Discorso per il ventennale del Progetto Policoro, quando ha invitato a riscoprire la “vocazione” al lavoro, intesa come “il senso alto di un impegno che va anche oltre il suo risultato economico, per diventare edificazione del mondo, della società, della vita”.
É più che mai urgente una educazione al lavoro, quale luogo umanizzante, spazio nel quale comprendere il nostro compito di cristiani, entrando in relazione profonda con Dio, con noi stessi, con i nostri fratelli e con il Creato. Occorre “fuggire dall’idea che la vera realizzazione dell’uomo possa avvenire nell’alternativa solo nel lavoro o nonostante il lavoro. Il tempo dell’uomo è invece tempo operoso”. Su questo senso del lavoro è necessaria una riflessione da chi guarda in modo disilluso e stanco alla propria vita lavorativa, soprattutto da quei giovani che disperano di poter trovare un’occupazione o languono facendo un lavoro che non li soddisfa. Ma è anche necessaria una riflessione da parte dei datori di lavoro che gestiscono imprese, laboratori, botteghe e uffici con criteri esclusivamente utilitaristici. “Il lavoro deve essere sempre e comunque espressione della dignità dell’uomo, dono di Dio a ciascuno”.
Diviene necessario allora elaborare percorsi educativi per i giovani da parte delle comunità cristiane con una precisa attenzione all’orientamento al mondo universitario, ma anche elaborare esperienze spirituali e morali che plasmino l’identità della persona e aprano ai valori della giustizia, della solidarietà e della cura per il creato e costituiscono le condizioni di base per una corretta e completa educazione al lavoro. Una dimensione educativa del lavoro che va ritrovata anche all’interno delle istituzioni formative, facendo in modo che scuola e lavoro siano due esperienze che si intrecciano e interagiscono. “I giovani devono poter fare esperienze professionali il prima possibile, così da non trovarsi impreparati una volta terminati gli studi”. L’alternanza scuola-lavoro, così come è stata di recente riformata, rappresenta una leva fondamentale poiché permette di capire quali sono le competenze e le capacità richieste dal mercato del lavoro. Inoltre, non bisogna dimenticare che questo genere di esperienze possono favorire anche lo sviluppo di una propensione all’auto-impiego. “L’Italia non può continuare a sprecare l’intelligenza, il talento e la creatività dei suoi giovani, che emigrano nella speranza di essere accolti altrove. Occorre creare per loro spazi di sperimentazione, dove lasciare libera espressione alla creatività e all’intraprendenza”. L’esperienza del Progetto Policoro è prova reale e concreta delle possibilità che si schiudono ai nostri territori quando si sanno mettere all’opera. Cooperative di servizi, start-up tecnologiche, aziende di agricoltura sociale e turistiche innovative sia per il prodotto proposto al mercato, sia nelle forme di produzione, poiché aziende inclusive, solidali, basate sulla relazione e sulla valorizzazione del talento delle persone. A monte di tali percorsi occorre però eliminare il persistente squilibrio tra Nord e Sud dell’Italia.
Il Meridione è una terra che nel corso dei decenni ha subìto un depauperamento economico e sociale tale da trasformare queste regioni in una seconda Italia, povera, sofferente e sempre più infragilita. “Negli ultimi dieci anni hanno abbandonato il Sud oltre 700mila persone, giovani, laureati, studenti, imprenditori, tutte persone che, quasi sempre a malincuore, hanno lasciato la propria terra con l’amarezza di non poter contribuire alla sua rinascita”. La cosa più grave è l’inconsapevolezza che senza un Meridione sottratto alla povertà e alla dittatura della criminalità organizzata non può esserci un Centro-Nord prospero. “Non è un caso che le mafie abbiano spostato gli affari più redditizi nelle regioni del Nord, dove la ricchezza da accaparrare è maggiore”. Le possibili azioni da mettere in campo sono numerose. Innanzitutto attivare uno strumento di contrasto alla povertà che supporti le persone che hanno perso il lavoro, soprattutto, tra i 40 e i 60 anni, che non riescono a trovare una ricollocazione. Oltre all’incentivazione di forme di dialogo scuola-lavoro, bisogna dare spazio all’innovazione e alla creatività, creando le condizioni per un sistema produttivo capace di liberare la fantasia e le capacità dei giovani e di tutte le persone con buone idee. E questo chiama in gioco la responsabilità della classe politica nel perseguire politiche che sostengano e/o favoriscano l’autoimprenditorialità dei giovani e non solo. Qualcosa si sta muovendo, sia a livello istituzionale sia nella società civile e il mondo dell’impresa. Tuttavia, la strada è ancora lunga perché l’Italia è stata per troppo tempo ferma.
“É giunto il momento di ricominciare a camminare, nessuno escluso, mettendo in pratica quell’ecologia integrale, che è la base del nostro stare al mondo”.

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