Cultura

“Io non ho sbagliato”, romanzo di formazione e libertà: così Onofrio Pagone al primo incontro letterario di "Evoluzioni"

In una gremita Sala Conferenze di Palazzo Caputi, si è svolto ieri il primo incontro letterario di “Evoluzioni” che avrà come fil rouge “la genitorialità” nelle sue molteplici forme.

Ospite è stata la firma de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, Onofrio Pagone, che ha presentato il suo libro “Io non ho sbagliato” (Giraldi Editore).

Moderatrice dell’incontro l’Assessora alla Cultura Monica Filograno, mentre a Lucia Gattulli, della Compagnia Teatrale “La luna nel letto”, è stata affidata la lettura di  alcuni passi dell’intenso racconto.

Una storia scritta da un uomo, scritta con raffinata sensibilità, un uomo che ha acquisito il punto di vista delle donne. Una riconciliazione tra i generi, la stessa che io ho notato nel romanzo “Non la picchiare così – Sola contro la mafia” di Francesco Minervini.

Pagone ha una scrittura raffinata, delicata e lucida al contempo,  da giornalista  rigoroso che segue cronache giudiziarie e non solo, sempre in trincea. Sensibilità e ragione.

Pagone si è impegnato molto nell’entrare nella psiche di una donna: “quando devi entrare nella vita di un personaggio devi spogliarti del tuo Io, devi diventare l’altro e per questo che ho deciso di usare la prima persona, per fissare un rapporto diretto con il pubblico, senza filtri, senza muri”.

Il breve romanzo è ispirato a una storia vera: Pagone ha conosciuto la protagonista, una giovanissima rumena giunta in Italia affinché potesse far nascere, in un Paese libero, in quella che credeva una “terra felice”, la sua creatura a cui il fidanzatino e suo padre volevano negare la vita.

La ragazza vuole chiedere aiuto alla madre, badante a Bari, e affronta un viaggio che, nella realtà, è una sottaciuta discesa agli Inferi. Alla fine di questo viaggio, non troverà braccia materne accoglienti ma mani pronte a ghermirle il suo bambino, il suo piccolo che lei desidera perché “non è detto che per avere i figli sia necessario seguire il classico percorso: scuola, lavoro, matrimonio, figli”. La ragazza è anticonvenzionale a suo modo, non vuole abortire  e non ascolta chi le dice che è troppo giovane per accudire un bambino, che non potrebbe più divertirsi, che porta in grembo “il frutto di un peccato”.

Ella partorisce e le portano via il piccolo perché è minorenne e non considerata in grado di occuparsene. “Ma che Paese è quello in cui c’è disparità di trattamento tra minorenni? Tutti preoccupati per il mio bambino ma anche io sono una minorenne!” è la riflessione della ragazza.

Ed ecco che subentra la solitudine perché le istituzioni, contro cui c’è un’ eco di denuncia, svolgono il proprio dovere ma alla fine non instaurano, tranne in pochi meravigliosi casi, un dialogo con lei.

Ma saranno una  suora, tante altre figure femminili e un “sacerdote non impettito” a ridare fiducia in sé stessa e a restituirle la possibilità di essere madre.

Come importante è un’altra figura femminile, Annamaria, da cui la ragazza prenderà il nome, una ragazza brillante devastata da un terribile male che, però, non le toglie il sorriso.

Monica Filograno ha chiesto all’autore se questo romanzo, “in cui si aspira a raggiungere le stelle volando, sognando”,  sia un romanzo di formazione e se la vita copia dalla letteratura o viceversa.

“Io non ho sbagliato” è la storia della presa della consapevolezza di sé, della propria forza interiore e questo dimostra come, in fondo, vita e letteratura si intersechino. Leggendo si impara a “vivere” perché l’amore, l’odio, la paura, il coraggio hanno fatto parte da millenni della vita dell’uomo, sono descritti  in ogni grande opera; la vita, d’altra parte, è fonte di ispirazione per lo scrittore .

Si è parlato, poi,  della qualità della moderna letteratura che molti ritengono sia decretata dalle classifiche. “No – spiega Pagone – la qualità è determinata dalla capacità di suscitare in ogni tempo emozioni, dal pregio di essere sempre attuali nello scrivere della vita.”

E poi non bisogna sottovalutare la forza della parola: la parola è tutto, dà testimonianza, dà vita.

E se per testimoniare va bene il presente, per sognare va bene l’imperfetto.

“La lingua dei sogni è l’imperfetto. Quando si racconta un sogno, si usa questa forma temporale. E io sogno e amo l’imperfetto, ciò che perfetto non è!” è una riflessione di Annamaria.

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