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IL RACCONTO DI FRANCESCA FRACCHIOLLA, INFERMIERA PRESSO IL COVID HOSPITAL DEL POLICLINICO DI BARI

Quando ho ricevuto il telegramma nel quale si chiedeva la disponibilità del personale sanitario per fronteggiare l’emergenza Coronavirus mi sono sentita come un soldato chiamato al fronte e così, prestando fede al giuramento fatto, ho accettato subito l’incarico”. Queste le parole utilizzate da Francesca Fracchiolla, giovane infermiera ruvese, in prima linea nella lotta al Covid-19 presso il reparto Asclepios del Policlinico di Bari.

Francesca fa parte di coloro che in questi mesi, molto spesso, sono stati definiti “Eroi” e il cui importante ruolo, in Italia così come nel resto del mondo, è stato forse davvero recepito solo a fronte del diffondersi dell’emergenza Coronavirus.

Dietro quelle mascherine, quei guanti, quegli occhiali e quei tutoni, che hanno reso quei “soldati” tutti uguali agli occhi di chi in quei reparti stava combattendo la propria battaglia, non vi erano, però, supereroi ma persone che, esattamente come noi, o forse più di noi, hanno affrontato questi duri mesi con le proprie fragilità, le proprie paure, i propri cedimenti e che, ciononostante, hanno continuato a lottare e a salvare vite umane, dimostrando devozione e amore nei confronti della propria professione.

Ciao Francesca, come è iniziata la tua esperienza presso il Covid Hospital del Policlinico di Bari e come avete affrontato i primi momenti immersi in questa nuova realtà?

Difficilmente qualcuno di noi infermieri si sarebbe mai potuto immaginare un periodo così difficile da affrontare, sia come soggetti sociali che come professionisti della salute – ha risposto Francesca – siamo stati interpreti di questa immane tragedia che non si potrà mai dimenticare e che, anzi, passerà alla storia. Prima di ricevere il telegramma con il quale si chiedeva la disponibilità ad infermieri e operatori sanitari per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso – ci ha spiegato – lavoravo in un altra azienda ospedaliera. Sono stata chiamata, così, a fare una scelta, un’importante scelta. In quel momento – ci ha raccontato – mi sono immedesimata in un soldato, chiamato in prima linea a fronteggiare l’emergenza. Non potevo assolutamente tirarmi indietro e così, prestando fede al giuramento fatto, ho accettato subito l’incarico.

Racchiudere tra queste poche righe quello che è accaduto in ospedale, sarebbe riduttivo. Posso certamente dire che non è stato assolutamente facile portare avanti la missione infermieristica. Nessuno, infatti, sino ad ora si era mai ritrovato a dover fare assistenza bardato nella maniera che tutti noi, ormai, conosciamo. Ciò che non dimenticherò mai sono i turni di lavoro interminabili e l’inevitabile stanchezza fisica che sopraggiungeva all’uscita dal reparto…e tanto altro ancora!”.

– Come è cambiata la tua vita in questo periodo? Ci sono stato momenti in cui hai ceduto dal punto di vista psicologico o hai pensato di non farcela?

La mia vita è cambiata come quella di un po’ tutti noi, tra restrizioni e preghiere con le quali si imploravano tutti a rimanere a casa per via dell’alta contagiosità del virus. La vita da infermiera impegnata nell’emergenza è stata ovviamente messa in subbuglio. E’ chiaro che il mio timore principale fosse quello di poter contagiare le persone a me care e non solo. Vivo a Bari e condivido casa con mia sorella. Il giorno prima di cominciare la mia nuova esperienza lavorativa presso il Covid Hospital – ha raccontato Francesca – ho parlato con lei e le ho chiesto se fosse stata disposta a rimanere, nonostante tutto, a casa con me. Mi ha subito risposto che mi sarebbe stata accanto, seppur alla dovuta distanza, e che avrebbe continuato a condividere casa con me.

Mi sono sentita tanto responsabile anche nei suoi confronti – ci ha confessato – Ho creato una vera e propria zona vestizione/svestizione anche in casa, oltre che una maniacale disinfezione di tutti gli ambienti comuni. Ad oggi posso dire che la convivenza è andata davvero molto bene. Siamo state entrambe brave!”.

Dove hai trovato, ogni giorno, la forza per andare in trincea a combattere contro questo mostro invisibile?

Ho ricevuto tanto supporto psicologico da tutti coloro che mi vogliono bene. Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare, in particolare, la mia famiglia ed il mio fidanzato. Sono stati ossigeno puro per me. E’ inevitabile – ha affermato – che momenti di cedimenti fisici e psicologici ci siano stati ma l’affetto delle persone che mi circondavano e mi circondano è stato per me la carica che mi ha permesso di affrontare i turni di lavoro con la tranquillità e la certezza che tutto sarebbe andato bene!”.

E’ cambiato in qualche modo il rapporto tra operatore sanitario e paziente in questi mesi?

Direi che quello che è cambiato sono le modalità con le quali tutti noi infermieri e operatori sanitari ci siamo approcciati ai pazienti. Oltre al supporto sanitario, infatti, siamo davvero stati bravi a sostenerli dal punto di vista psicologico. Non è certamente facile essere ricoverati in un reparto Covid. Tutto ti è sconosciuto, non sai a cosa dovrai andare incontro. Questo maledetto virus – ha confermato Francesca – è un mostro sconosciuto che fa paura, ti priva degli affetti più cari e, infine, ti annienta…Se come categoria professionale siamo stati premiati del bene collettivo non è certamente solo per le sole nostre competenze tecniche ma anche e soprattutto per il nostro amore donato.

Noi infermieri – ha concluso – siamo davvero stato dei bravi professionisti e lo abbiamo dimostrato donando amore e gentilezza, mostrando passione e consapevolezza, dispensando sorrisi, grazie al potere di quelli che abbiamo definito ‘occhi parlanti’, anche nei momenti più difficili. Ci siamo saputi adattare a tempi e ritmi di lavoro particolarmente pesanti e stressanti, interpretando alla perfezione il ruolo di chi è a conoscenza che i processi di cura, per risultare efficaci, necessitano di competenze tecniche e non solo”.

– C’è stato un caso di positività che ti ha colpito più di altri?

Certo, è impossibile negarlo, ogni paziente incontrato resta impresso nella mente. C’è stato un giorno, però, nel quale abbiamo avuto tutti paura! Una collega – ha raccontato Francesca – è risultata positiva al COVID-19 con sintomatologia annessa. Inutile provare solo ad immaginare il dispiacere per lei e la paura, racchiusa nel cuore di ognuno di noi, di aver fatto delle ‘mosse’ sbagliate e di esserci così infettati”.

Com’è la situazione attuale?

In questi ultimi giorni, per fortuna, stiamo assistendo ad una riduzione di casi positivi al Covid-19 correlata anche ad una diminuzione dei ricoveri ospedalieri. La pandemia è stata tenuta sotto controllo grazie all’apporto di tutti. Assieme si vince, da soli non si va da nessuna parte. Vogliamoci bene e andrà davvero tutto bene”.

Ed è proprio in merito alla necessità di collaborare e di rispettarsi reciprocamente che Francesca ha voluto indirizzare un appello a tutti i suoi concittadini, specie ai più giovani come lei: “Con la Fase 2 ci è stata restituita la tanto agognata libertà ma, allo stesso tempo, è stata riposta tanta fiducia in ognuno di noi. É indispensabile, pertanto, al fine di ridurre il contagio,che tutti siano ligi al dovere e seguano le raccomandazioni emanate dal Ministero della Salute. E’ fondamentale, a tal proposito, usare la mascherina nel modo corretto, curare l’igiene delle mani e mantenere la distanza”.

Un particolare ringraziamento a Francesca Fracchiolla da parte della Redazione di Ruvesi.it, non solo per la sua grande disponibilità nel raccontarci la sua esperienza, ma sopratutto per quanto da lei fatto in questi difficili mesi nella lotta contro il Covid-19.

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