Cultura

Il Castel del Monte in chiave inedita. Nicola De Leo presenta il suo nuovo volume

Una serata dedicata ad uno dei più famosi monumenti della nostra regione, il Castel del Monte, da sempre ammirato per la particolarità della sua forma capace di affascinare e stupire l’uomo di ogni tempo.

L’iniziativa, presentata ieri sera presso la piazzetta antistante l’Info Point di Ruvo di Puglia, rientra nell’ambito degli interventi a sostegno della qualificazione e del potenziamento del servizio di informazione degli Info-Point turistici dei comuni che aderiscono alla rete regionale, finanziati dall’Assessorato al Turismo della Regione Puglia per il Piano Strategico del turismo, in sinergia con l’Assessorato al Turismo della Città di Ruvo di Puglia, la Pro Loco e l’Associazionismo locale.

L’evento ha lasciato spazio alla presentazione di un libro e alla degustazione di diverse varietà di miele dell’azienda agricola Apicoltura Michele Cantatore.

Le protagoniste della serata sono state le antiche presenze nel Castel del Monte studiate dal dottor Nicola De Leo.

Nicola De Leo, a tutti noto come medico di famiglia, nel tempo ha rivestito diversi incarichi culturali in associazioni cittadine. È stato presidente della FUCI, ha fondato l’associazione culturale autonoma ruvese, è stato caporedattore del Rubastino per alcuni anni, nonché conduttore radiofonico di un programma dialettale sull’emittente privata RDA. Ha scritto diversi testi teatrali e componimenti poetici in dialetto ruvese, più volte premiati in concorsi. La storia patria e i suoi aspetti più oscuri lo appassionano da sempre con particolare riguardo al Castel del Monte.

Nel 2012 pubblica il volume “I templari e Castel del Monte” a cui segue oggi la pubblicazione “Antiche presenze in Castel del Monte”, edito dall’Università della Terza Età di Ruvo di Puglia, e il cui ricavato sarà integralmente devoluto a Telethon.

Uno studio con il quale De Leo sostiene di voler semplicemente offrire spunti per confronti culturali anche a causa della scarsa documentazione sull’argomento. È nato così il suo interesse per il Castel del Monte, per le particolarità che lo caratterizzano e per i misteri che lo rendono ancora un monumento attraente e di considerevole rilevanza storico-culturale.

Sin dalla premessa, la presentazione del volume attira l’attenzione dei presenti facendo notare come spesso si inizia col parlare del Castello e si finisce, inevitabilmente, col riferirsi a Federico II, uno dei personaggi più noti del Medioevo, come viene definito dall’autore stesso “il gigante del Medioevo”. Una conferma che col tempo viene smossa, tanto che alcuni storici iniziano a contestare il rapporto re-castello. De Leo si associa alla nuova e intraprendente corrente di pensiero e decide “di far parlare le pietre” con “onestà intellettuale e nel rispetto della storia”. Compie dunque un’attenta analisi dei luoghi, posando gli occhi sulla struttura particolare e atipica che caratterizza il monumento e ai sui elementi “minori” come i pavimenti e gli elementi litici. Il consiglio che l’autore offre al lettore è quello di entrare nel Castello ogni volta come se fosse la prima, in modo da poter lasciare spazio alla mente di codificare nuovi aspetti e inedite esperienze.

È proprio da tale convinzione che, nel corso delle innumerevoli visite al monumento, De Leo comincia a considerare l’ipotesi che il Castello non fosse in realtà un castello. Ed è così che dall’analisi degli elementi architettonici propone una nuova visione che pone l’accento sull’aspetto religioso della struttura. Un’interpretazione innovativa analizzata attraverso le tracce di affresco alle quali ha voluto dedicare la copertina del volume.

Gli elementi architettonici e l’evidente struttura del portale a sud dell’atrio, che ricorda quello di una chiesa, portano l’autore ad allontanarsi dall’idea comune e ad addentrarsi in una strada secondaria, ma non per questo poco ragionevole.

A partire da questo studio, De Leo prospetta una “revisione culturale” del complesso Monumentale Murgiano, non più inteso come Castello, bensì come “Monastero del Monte”.

Tante sono state le analisi compiute dall’autore al fine di dimostrare la sua ipotesi. Il bassorilievo collocato sulla parete a Nord Est dell’atrio, le due torri, il pavimento, il portale Sud e l’immagine del Templare sono solo una parte degli elementi che De Leo ha osservato nei minimi dettagli, suggerendo agli avventori una nuova chiave di lettura.

È possibile, dunque, liberarci della dicitura Castel del Monte e sostituirla con quella di Monastero del Monte? È necessaria una “revisione culturale” o la stratificazione storica non può permettere una modifica di tal rilievo? De Leo ritiene che una storia lunga secoli non possa essere depennata e riscritta ex novo, ma sarebbe almeno necessario purificare la cartellonistica da ipotesi non confutate. Tuttavia, sta all’uomo moderno valutare, esaminare e rendere viva un’idea apparentemente alienata ma vicina a quella che, al tempo, sarebbe potuta essere stata la verità.

 

 

 

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