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I DIARI DELLO SPORT: PIETRO ANASTASI, UN VOLTO DEL SUD

Una delle notizie più tristi della scorsa settimana è stata la dipartita di un grande volto dello sport italiano degli anni ’60 e ’70 come Pietro “Petruzzu” Anastasi.

Più che per gli enormi successi da lui ottenuti con la maglia della nazionale, della Juventus e dell’Inter (l’Europeo del ’68, ben tre campionati italiani e una coppa Italia parlano per lui), vogliamo ricordarlo come un simbolo di una nazione nel pieno di un cambiamento. Un uomo che attraverso il mezzo dello sport ha dato un contributo a cambiare le cose.

La sua figura è stata fondamentale nell’apporto che ha portato per sfatare alcune convenzioni che in quegli anni si annidavano nel calcio italiano come in tutti gli ambiti della vita del nostro Paese.

Pietro Anastasi è stato un fiero volto del Sud in un’Italia ancora non del tutto unita, nella quale anche nella grande Torino operaia non venivano fittate delle stanze a chi proveniva dal Sud, nella quale la parola “terrone” era ancora un insulto.

Di lui, nel 2008, un grande scrittore come Alessandro Baricco scrisse:

«Pietro Anastasi finì per essere il simbolo vivente di un’intera classe sociale: quella di chi lasciava a malincuore il Meridione per andare a guadagnarsi da vivere nelle fabbriche del Nord.»

In un’Italia così Pietro Anastasi ha vissuto una carriera da protagonista con squadre nel profondo Nord Italia: Varese,Juventus e Inter, senza mai rinnegare le proprie origini catanesi e operai, anzi, difendendole ogni volta che scendeva in campo.

La sua figura è stata indissolubilmente legata alla Juventus, suo unico vero amore calcistico, ed è proprio grazie alla sua genuina fierezza di uomo del sud che è diventato l’idolo di un tifo Juventino che, essendo trasversale a tutta l’Italia e di base operaia, si è rivisto subito in lui.

Non è mai stato un uomo di molte parole ma, in questa sede, risulta davvero impossibile non ricordare la sua forse più famosa citazione:

«Ogni tanto, durante le partite, qualcuno mi insultava a colpi di “terrone”. Lo facevano più che altro per farmi innervosire. Io lo sapevo e tranquillamente gli rispondevo dicendogli: “Sarò pure terrone, ma guadagno più di te che sei un polentone”.»

Con la propria determinazione e il proprio talento Anastasi si è gudagnato prima il rispetto e poi l’autentico amore del tifo italiano. Un amore fotografato al meglio da quello striscione recante la scritta “Anastasi il Pelè bianco” che per anni è stato uno dei simboli dello Stadio Comunale di Torino.

Ricordare “Petruzzu” per tutto ciò, senza tralasciare anche la grande testimonianza di forza e dignità mostrate negli ultimi mesi di vita malgrado la sua terribile malattia, è un gesto obbligatorio per una testata del sud che ama lo sport.

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