Attualità

DIARIO DI GIULIO DI VITTORIO: L’ARRIVO

Diario di viaggio. Cammino di Santiago. Ultima tappa. I due giorni successivi al folle sabato sera in Abadin sono stati quello di cui avevamo bisogno. Relax, tappe non troppo lunghe, bei paesaggi intorno a noi e nessun grosso problema all’orizzonte. Salvo un acquazzone beccato la domenica, bei momenti passati in compagnia di altri pellegrini il lunedì sera, questi due giorni sono stati davvero rilassanti e spensierati poiché non avevamo grosse difficoltà da affrontare. Sveglia la mattina non troppo presto e arrivo intorno alle 14 alla prossima tappa per poi avere il resto della giornata dedicata al riposo. Già, perché il riposo era quella di cui avevamo bisogno in vista della prossima tappa. Una tappa non troppo complicata (dopo la tappa da 33 km in condizioni alquanto precarie, era difficile per noi ritrovare le stesse difficoltà in una prossima tappa) ma la più lunga dell’intero cammino. Circa 40 km. Ebbene sì, 40 km in un giorno non sono per niente pochi. Non troppo scoraggiati per i due giorni di riposo e carichi in vista di questa ultima, tosta prova da affrontare, decidiamo di svegliarci parecchio presto per non perderci tutta la giornata e soprattutto arrivare il prima possibile. La tappa era Baamonde-Sobrado dos Monxes. Una delle cose positive di questo cammino rispetto agli altri è che, visto che ci troviamo in piena estate, il fresco della Galizia ci aiuta a non avvertire troppo le temperature estive. C’è un però. Se durante il giorno questo ci aiuta a non patire troppo il caldo, la mattina presto e la sera si raggiungono temperature autunnali. E la mattina alle 6 bisogna coprirsi davvero bene, sopratutto se si attraversano i boschi. Indossati gli indumenti pesanti, ci incamminiamo verso la prossima tappa. Siamo ormai al nono giorno e le fatiche e i dolori del cammino si fanno sentire. Per mia fortuna non ho grossi problemi fisici. Purtroppo però il mio compagno di avventura (come tanti pellegrini) accusa dei dolori causati dello stress dei molti chilometri percorsi quotidianamente. Procediamo un po’ a rilento, ci fermiamo più del previsto ma tutto sommato procede tutto bene. Intorno alle 11 prima pausa lunga per riprenderci dalle fatiche delle prime quattro ore di cammino. Ci fermiamo in un rifugio in montagna (l’unico posto nell’arco di 20 km in cui potessimo prendere qualcosa da bere o da mangiare) e ci rifocilliamo per bene in vista dei successivi 20 km che ci attendevano. Dopo circa una mezz’oretta, riprendiamo il nostro percorso. Altri paesaggi bellissimi, altre soste anche per colpa dei dolori del mio compagno e, senza grossi problemi, arriviamo alle 14 che siamo parecchio affamati. Ci avviciniamo ad un paesino di 60 abitanti in cui proprio in quel giorno (purtroppo e ora capirete perché) c’era la fiera dei cavalli. Già perché se poteva essere una cosa positiva per riprenderci un po’ dal cammino e riposarci un po’, diventa controproducente se, negli unici due ristoranti del paese, si è radunata tutta la gente della Spagna e dintorni (in uno dei due non ci consideravano neanche probabilmente perché se non eri del posto, non avevi 70 anni e un berretto in testa, non eri degno di essere servito da loro). Siamo un po’ indecisi se aspettare circa un’ora di coda sotto il sole delle 14 affamati come eravamo o resistere il più possibile e percorrere i chilometri mancanti e mangiare qualcosa all’arrivo di Sobrado. Dopo un’attenta riflessione decidiamo che la cosa più giusta da fare sia prenderci una bevanda fresca e ripartire il prima possibile. Ci eravamo leggermente ripresi dalla stanchezza dei chilometri fatti fino ad allora ma, per chi come me ha raggiunto una certa età, sa bene che dopo le 14 arriva la botta di sonno (papazza) che ammazza un po’ tutte le energie residue che si hanno in corpo. Ora immaginate un po’ due poveri ragazzi (di cui uno non messo benissimo), in cammino dalle 6 del mattino, stanchi e affamati, in che condizioni potessero stare. Ovviamente quando la situazione non è delle migliori, il karma ci mette del suo per peggiorarla. Ed è quello che succede (noi ovviamente ci mettiamo sempre del nostro). Dopo aver percorso circa 5 km dal paese dei cavalli, ci rendiamo conto che avevamo sbagliato strada. Vi lascio immaginare un po’ i commenti appena resi conto di questa cosa. Spoiler. Non erano positivi. Si erano fatte circa le 17.30 che, mentre tornavamo indietro, ci accorgiamo di un bar. Avremmo tantissimo voluto abbracciare il proprietario per aver avuto un un luogo in cui rifocillarci proprio in quel punto sperduto della Spagna ma avevamo troppa fame per pensare anche a questo. Ovviamente la casa non offre troppa scelta di cibi ma ci accontentiamo e ci va più che bene quello che mangiamo. Tornata l’armonia nella coppia (nel corso dei 15 giorni ci sono stati anche dei momenti di tensione, come normale che sia) ci rimettiamo in sesto e proseguiamo il nostro infinito cammino per quella giornata. Eravamo partiti alle 6 e si erano fatte le 18 che mancavano ancora 5 km all’arrivo. Oltre alla stanchezza, il problema maggiore erano le condizioni fisiche del mio compagno di avventura. Il tendine d’achille e la pianta del piede facevano davvero male. Facciamo più soste possibili, cerco di dare coraggio all’amico Carmine e dopo circa un’oretta, finalmente, stremati, distrutti arriviamo all’ostello di Sobrado dos Monxes. Fatto il check in, ci catapultiamo sul letto e lì, come per la precedente tappa dura, abbiamo visto il paradiso. Rimaniamo per circa mezz’ora paralizzati per poi decidere, con molta calma, di trovare un posto dove mangiare (due bei ragazzoni come noi dalle 6 del mattino avevano fatto colazione, bevuto una spremuta d’arancia alle 11 e mangiato un pacco di patatine e una birra alle 17.30, dopo tutto il giorno in cammino). Si erano fatte le 21 ed eravamo davvero affamati. Proprio di fronte all’ostello, c’era un ristorante con una scritta che ci attira. “Menù del pellegrino: primo, secondo, pane, acqua o vino, dolce e caffè a 10 euro”. In men che non si dica, ci fiondiamo in questo luogo magnifico e, senza perdere troppo tempo, ordiniamo. Quasi subito ci arriva il primo e insieme ad esso, una bottiglia (ripeto una bottiglia) intera di vino della casa. Ripensando alla giornata che avevamo passato, eravamo stracontenti di averla superata ma soprattutto di averla conclusa in quel modo. Il primo è davvero buono, il secondo lo è ancora di più e tutto d’un tratto siamo le persone più felici sulla faccia della terra. Ci eravamo ripresi. Riposati, rilassati e con la pancia piena, sempre con tutta la calma del mondo, ci dirigiamo verso l’ostello per concederci la nostra meritata doccia e il nostro, ancor più, meritato riposo. Il giorno successivo è tutto più bello. La tappa più lunga del cammino l’avevamo superata e il decimo giorno ci toccava una tappa non troppo complicata. Dovevamo fare 22 km da Sobrado ad Arzua. Sveglia non prestissimo e, sempre con il mood tranquillità che ormai aveva ci apparteneva, facciamo colazione e ci incamminiamo verso la prossima meta. Eravamo sereni e riposati e, a conferma di questo, decidiamo di allietare il cammino nostro ma non solo, mettendo un po’ di musica. Da buoni italiani ci facciamo riconoscere ma nonostante questo, la musica italiana è stata apprezzata dai vari pellegrini lungo il cammino. Giornata tranquilla, procede tutto bene e tra vari paesaggi naturali e piccoli borghi spagnoli, arriviamo ad Arzua intorno alle 15. Ci sentiamo bene, lasciamo i bagagli in ostello e andiamo a pranzare. Resto della giornata in totale relax per affrontare gli ultimi chilometri al meglio. Ormai non manca molto a Santiago e ci restano solo le ultime due tappe. Dovete sapere che il cammino di Santiago è suddiviso in vari cammini (quello principale è il francese) e il nostro, quello del nord, nelle ultime due tappe, si congiunge con quello più rinomato. Ovviamente questo comporta delle differenze rispetto a tutto il percorso che abbiamo fatto. Strada più pianeggiante ma molti più pellegrini lungo il cammino. E ovviamente alla penultima tappa (O Pedrouzo) c’era parecchia gente. L’undicesimo giorno ci incamminiamo non troppo presto. Facciamo colazione con un pellegrino croato che vive a Vienna che ormai era diventato nostro amico e partiamo. Ci rendiamo conto dell’enorme quantità di persone che quel giorno percorreva il cammino e, intorno alle 10, pensiamo sia meglio prenotare qualche ostello privato per non correre il rischio di non trovare posto per la notte. Avevamo ragione di preoccuparci. Già dalle prime chiamate ci rendiamo conto di quanto sia difficile trovare posto a O Pedrouzo. La tappa era tutto sommato breve (circa 20 km) e durante il percorso continuiamo a chiamare con esito negativo. Ormai mancavano circa 30 km a Santiago quando ci rendiamo conto che la penultima tappa è inaccessibile per dormire e che dobbiamo prenotare ad una frazione più avanti che dista circa 10 km. Ed è quello che facciamo. Per fortuna troviamo posto a Lavacolla e prenotiamo. Questo ci permette di prendercela con più calma visto che alla tappa avevamo aggiunto circa 10 km ma soprattutto ci permette di percorrere solo 10 km nell’ultimo giorno prima di arrivare a Santiago. Decidiamo di pranzare ad O Pedrouzo. Il menù del pellegrino è la parte culinaria più bella del cammino. Quantità industriali di cibo ad una cifra davvero bassa. Purtroppo però, presi sempre dalla troppa fame, non avevamo imparato che la famosa “papazza” non fa così bene ai pellegrini come il menù. Ci imbottiamo di caffè e quasi trascinando le gambe (perché comunque la stanchezza generale di 10 giorni di cammino si faceva sentire), ci incamminiamo verso Lavacolla. La fortuna vuole che, per caso, incontriamo il nostro amico croato Andrea che si stava dirigendo ad O Pedrouzo per cercare ostello (vorrei fare un attestato di stima a questo bravissimo ragazzo che con i piedi davvero malmessi, ha percorso tutto il cammino del nord fino ad arrivare a Santiago. Circa 900 km a piedi). Non sapendo che il paese fosse tutto prenotato, decidiamo di dargli una mano richiamando l’ostello in cui avevamo prenotato noi che per fortuna aveva ancora posto. Ci ringrazia di cuore e tutti e tre ci incamminiamo verso Lavacolla. Tra discorsi interessanti e risate il tempo vola. Costeggiamo l’aeroporto di Santiago quando mancano 2 km all’ostello. Dopo circa 20 minuti lo raggiungiamo e ci rendiamo conto di quanto siamo davvero “figo”. Ostello nuovo, bar, giardino, tutti i confort che non sempre abbiamo incontrato ma soprattutto la possibilità di prenotare una pizza che possono portare direttamente in ostello. E ovviamente è quello che facciamo. Ordiniamo le pizze e, dopo aver cenato e chiacchierato un po’, intorno alle 23.30 ci mettiamo a letto in vista della nostra ultima tappa. Il dodicesimo giorno, intorno alle 7.30, ci svegliamo davvero felici, consci di dover percorrere gli ultimi 10 km fino a Santiago. Abbondante colazione, sempre in compagnia del nostro caro amico Andrea, e ci avviamo verso la Cattedrale. È chiaro che il cammino si compie per svariate ragioni. E ognuno di noi ha i suoi personali motivi. Man mano che ci avviciniamo, Andrea decide di mettersi le cuffie e andare avanti in solitaria. C’era un’atmosfera strana. Era il nostro ultimo giorno di cammino, ci eravamo svegliati felici ma, anche vedendo Andrea, mi sono reso conto di non aver dato abbastanza rilievo al momento riflessivo che ogni pellegrino dovrebbe avere. Perciò decido anch’io di andare in solitaria e riflettere su quello che è la mia vita, su quello che va e quello che non va e su cosa potrei migliorare. È stato indescrivibile. Mi ero dimenticato di tutto. Paesaggio circostante, cellulare, tantissimi pellegrini che mi circondavano. Eravamo solo io e i miei pensieri. Non c’era nessun altro. E devo dire che non mi è affatto dispiaciuto stare in quella condizione. Mi ci trovo bene quando sto da solo con me stesso. Mi ha aiutato a rendermi conto, a pensare e a capire tanti aspetti della mia vita in generale. Passato un paio d’ore in solitaria, mi ricongiungo con Carmine che nel frattempo, giustamente e forse anche più di me, allo stesso modo aveva usato quel tempo per riflettere. Santiago è davvero vicina e da un prato su una collinetta, scorgiamo da lontano e per la prima volta la Cattedrale. È stato emozionante. Ora non vedevamo davvero l’ora di arrivare. Per fortuna la strada è tutta in discesa e cerchiamo di andare spediti. Dopo circa una mezz’oretta incrociamo il cartello con l’ingresso a Santiago. Ma non era ancora finita. Mancavano circa 3 km che percorriamo abbastanza in fretta e finalmente, intorno alle 12 di venerdì 16 agosto, arriviamo alla famigerata Cattedrale. Vederla così da vicino, dal vivo è stato emozionante. Oltre per la maestosità della Cattedrale in sé ma anche per la conclusione di un percorso, di un’esperienza di vita che rimarrà impressa per sempre nella mia mente. Insieme a noi ci sono ovviamente tantissimi pellegrini da ogni parte del mondo. L’atmosfera è davvero fantastica. Tutti felici e contenti di aver raggiunto il traguardo, tutti felici di aver dato la giusta conclusione a questo percorso. Dopo le varie foto di rito, ci prendiamo un’oretta per goderci la vista della Cattedrale e il meritato riposo sorseggiando un’ottima birra spagnola. A Santiago si respira sempre un’aria di festa, ci sono tantissimi pellegrini che arrivano ogni giorno da ogni parte del mondo e si gira per il centro storico respirando un’aria di serenità. Goduta questa meritata birra, andiamo a lasciare i nostri zaini nell’ostello in cui avevamo prenotato (gestito da un ragazzo italiano, Luca, che ci ha aiutato tantissimo nella ricerca dei posti e delle cose da fare) e andiamo a pranzare in un bar ristorante a pochi metri dalla Cattedrale. Siamo davvero felici ancora una volta. Avevamo concluso il nostro viaggio nel migliore dei modi e ora ci dovevamo solo godere le ultime ore in quella città meravigliosa. Tra un boccadillos, delle squisite tapas e un’empanada di pollo sempre accompagnati ovviamente dalla cerveza (birra), rimaniamo a chiacchierare e a goderci le prelibatezze locali fino alle 17. Concluso il pranzo torniamo in ostello per sistemare gli zaini, farci una doccia e uscire nuovamente. In programma c’era l’incontro con delle persone conosciute nei giorni precedenti. Santiago di sera è composta principalmente da pellegrini che colorano i vari locali del centro storico e che si divertono raccontandosi la loro esperienza durante il cammino. E noi, seduti ad un tavolo di un bar, ci sentivamo parte di quella massa di persine che avevano appena vissuto un’esperienza incredibile. Dopo circa un paio d’ore decidiamo di ritornare in ostello. Il giorno dopo avevamo in programma di andare a visitare Finisterre (il luogo in cui gli antichi credevano finisse il mondo: finis= fine, terre= terra, luogo), un paese a circa 40 km da Santiago che si affaccia sull’oceano. Ovviamente il fato decide di non essere dalla nostra. Il cielo è nuvoloso e a rischio pioggia e, anche consigliati dal gestore dell’ostello, decidiamo di rimandare la visita a Finisterre per il giorno dopo e quella giornata dedicarla alla visita di La Coruna, la città più grande nella zona. Prendiamo il treno intorno alle 14 circa e verso le 15 arriviamo in città. Il buon Luca ci aveva consigliato di andare a visitare il faro che si affaccia sull’oceano. La stazione era a circa 4 km ma dopo averne percorsi circa 300, non potevano essere quei pochi chilometri a spaventarci. Dopo circa un’oretta di passeggiata per le vie della città, arriviamo al faro. Il paesaggio è magnifico. La vista ricorda quella dei libri in cui proprio il faro si affaccia sull’oceano e ti dà quel senso di immensità e infinito. Rimaniamo estasiati dalla vista di quello che c’è di fronte ai nostri occhi. Una distesa infinita di acqua in cui all’orizzonte non c’è una fine e dove ad un certo punto il mare si unisce al cielo. Ci sediamo su una panchina proprio di fronte a questo panorama e, con la musica in sottofondo e gli occhi chiusi, ci godiamo quello che quel momento ci può regalare. Una gioia e spensieratezza infinita per quello che avevamo fatto e per il momento di pura libertà e relax che ci stavamo godendo. Dopo circa un paio d’ore e felici del consiglio che il buon Luca ci aveva dato, ci dirigiamo, con calma verso le stazione. Arriviamo a Santiago intorno alle 22 circa. Doccia e usciamo per salutare delle ragazze italiane conosciute nei giorni precedenti. Rispetto al giorno precedente, il centro di Santiago era stracolmo di giovani. Locali pieni di pellegrini e non e gente da tutte le parti. Vista la piacevole situazione, tra una birra e un amaro, rimaniamo in giro fino alle 3.30. A quell’ora decidiamo di andare a dormire anche in vista della visita a Finisterre il giorno dopo. Già, la visita a Finisterre. Evidentemente c’era qualcuno che non ci voleva far andare. Arriviamo alla stazione dei bus una mezz’oretta prima per prendere il biglietto ma ci dicono che quello diretto è tutto pieno e che l’unica soluzione sarebbe stata quella di prendere un pullman che attraversava tutti i paesini e ci impiegava tre ore. Dopo un momento di indecisione, pensiamo sia il caso di non farci sei ore di viaggio tra andata e ritorno (anche in vista del ritorno in Italia il giorno dopo) per visitare Finisterre, anche perché, per fortuna, l’oceano avevamo avuto modo di apprezzarlo il giorno precedente. Ennesimo cambio di programma e, vista l’ultima giornata libera di relax in quel di Santiago, decidiamo di andare a ritirare la Compostela, una pergamena che attesti il tuo stato di pellegrino. Dopo circa un paio d’ore di attesa, ritiriamo il nostro adorato premio e ci dirigiamo verso un ristorante per pranzare. Ultimo pranzo a Santiago, ultimi momenti in quella città meravigliosa tanto che decidiamo di goderceli fino in fondo. Intorno alle 18 rientriamo in ostello e ci dedichiamo al totale relax visto che il giorno dopo ci attendeva la sveglia alle 4.30 del mattino. Trascorriamo l’ultima notte in ostello e questa volta, per fortuna, senza problemi il mio compagno di avventura ed io facciamo il nostro ritorno a casa. Qui si conclude il nostro viaggio ma vorrei dare un piccolo plauso a quello che è stato il mio compagno di viaggio per quindici giorni (non sono pochi ed ecco il perché della foto). Inizialmente avevo prenotato questo viaggio in solitaria. Inaspettatamente un po’ per tutti quelli che ci conoscono, Carmine si è aggiunto alla fine. Nessuno pensava fosse un tipo da cammino. Tutt’altro. Non fa sport da anni e non è la prima persona a cui penseresti se dovessi fare un’esperienza del genere. In realtà è stato stupefacente. Mi ha impressionato per la sua costanza, forza e determinazione in tanti momenti in cui i suoi dolori ai piedi si facevano sentire. E andava. Andava che era una meraviglia. Un marciatore instancabile. Un ragazzo con la testa sulle spalle ma che in certi momenti è un incredibile stupido (nel senso buono e con affetto Mino), un insopportabile lumaca nel prepararsi e nell’organizzarsi ma che ha riempito il mio cammino con aneddoti, risate e discorsi seri e che, grazie a lui, è stato ancora più indimenticabile. I primi due giorni non era convito avesse fatto la scelta giusta (la fatica e le difficoltà non aiutavano) e non lo vedevo deciso nel fare tutti quei chilometri zaino in spalla. Una delle soddisfazioni più grandi è stata quando ad un certo punto, fermi ad un bivio mentre ci ricaricavamo con una sigaretta a pieni polmoni, mi dice che la sta vivendo come un’esperienza che gli sta piacendo tanto, che rifarebbe per l’intensità e le emozioni che crea e mi ringrazia di avergli permesso di fare un viaggio del genere. Ora posso affermare che sono io che devo ringraziare te per avermi riempito le giornate, i cammini, le difficoltà e i discorsi con gli altri pellegrini con la tua semplicità e umiltà. Sono 20 anni che ci conosciamo ma questo è sicuramente il momento più alto della nostra amicizia.
P.s: I video e le foto che tanto odi, rivedendoli, mi hanno fatto venire già nostalgia di fare un altro cammino insieme.
P.s del p.s: Prendetevi tutti dei momenti per riflettere, pensare, capire cosa facciamo su questa terra, pensate ogni tanto a voi stessi, a cosa sia giusto o sbagliato e cercate di migliorarlo. Abbiamo uno stile di vita troppo stressante e cercare di capire cosa ci può far stare meglio, aiuta ad avere una migliore qualità di vita e un’armonia con il mondo che ci circonda. Riflettete, pensate e miglioratevi. Solo così si può raggiungere la serenità. Grazie Carmine, grazie a tutte le persone incontrate lungo il percorso e grazie cammino. Ci rivedremo sicuramente.

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